La LUCE è quella della
Normandia, con i suoi vapori e i riflessi diafani, costantemente sottomessa ai
capricci del vento e ai repentini passaggi delle nuvole. L’ACQUA è quella del
bassin di Giverny, il lago che Claude Monet si è fatto costruire e che poi ha
più volte dipinto. I PETALI son quelli delle ninfee, quei fiori orientali che
nascono da acque torbide e sbocciano a pelo d’acqua come un piccolo miracolo e
che ancora oggi vengono coltivati a Le Temple-sur-Lot, nel vivaio di Latour
Marliac, anche per rifornire il laghetto di Giverny. È lì che il viaggio
sinestetico di Monica Gorini è iniziato, dopo lunghe giornate di studio,
incrociando i dati visivi con quelli cromatici, le conoscenze matematiche con
quelle artistiche, le sensazioni tattili con i dati emozionali. Lì sono nate
alcune centinaia di PALETTE: listelli di legno simili ai tasti di un
pianoforte, sui quali l’artista ha mappato mutamenti di quel meraviglioso
paesaggio in un estenuante lavoro tecnico e speculativo, ma anche filosofico e
poetico, che ha portato alla concettualizzazione del colore (non più legato
all’impressione, dunque, ma al raziocinio, alle leggi della matematica e della
chimica), alla creazione di una sorta di codice a barre dal quale poter poi
partire per dare un nuovo ordine, un nuovo significato e nuova vita alle azioni
percettive. La ricerca di Monica Gorini trova una regola nella varietà delle
forme euclidee, in quelle che appartengono alla natura (dai frattali omotetici
dei fiori all’albero di Pitagora, dalla spirale di Archimede alla sequenza di
Fibonacci), che ci raccontano l’ordine preciso con cui si dispongono i petali,
le forme ordinate delle corolle, le linee delle foglie, le leggi numeriche del
micro e del macro cosmo sia nella natura sinestetica della sua percezione come
dettagliatamente racconta nel libro, attraverso stralci di diario, versi
poetici, testimonianze, riflessioni e decine di fotografie. Le opere diventano
esperienze visive e sensoriali, concepite per diventare ambiente, per
rimodulare gli spazi in nuove armonie, trasformandoli in luoghi dove il colore
si fa musica, turbamento, respiro, ricordo ed energia.
Per lei l’arte è come la
vita: un’esperienza totalizzante, da godere con tutti gli organi percettivi di
cui disponiamo, ma anche con la conoscenza, il sesto senso che l’essere umano
impara a coltivare e di cui non può più fare a meno.
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