T.A.Z. Weblog Party
domenica 31 marzo 2024
sabato 30 marzo 2024
Franco Fontana. Colore. Ediz. illustrata (Skira)
Nell’opera di Franco Fontana, dietro un tripudio di colori elettrizzante nel quale si rispecchia un ‘io’ traboccante di gioia di vivere e di energia, si cela un significato profondo: una riflessione, una ricerca instancabile, sul rapporto tra realtà, fotografia e fotografo. “Scattare è questione di pensiero. Bisogna fotografare quello che si sente, non quello che si vede. Attraverso il suo sguardo, il fotografo rende visibile l’invisibile, ed è allora che la fotografia diventa invenzione”, scrive Franco Fontana. Il volume raccoglie una selezione di 130 opere (realizzate dal fotografo dal 1961 al 2017) in cui si manifesta nitidamente un elemento caratteristico della grammatica di Fontana: la scelta totalizzante del colore, vero soggetto di ogni suo scatto. Ne emerge un’attitudine eclettica, sperimentale e soggettiva che abbraccia senza rigidità ideologica il piacere dell’immagine e che si dichiara tale sin dagli esordi. Da un mondo densamente popolato di umanità qui raccolto sotto il titolo People (con spiagge, piscine, scenari alla Hopper e una schietta comprensione delle ombre, intese come espressione dialettica di assenza e presenza della figura umana) si arriva ai Paesaggi urbani, in cui trionfano la bidimensionalità, la regolarizzazione del caos e la sapienza riorganizzativa. Anche nella serie Asfalti le pavimentazioni stradali sono indagate come paesaggi in cui ricercare l’equilibrio. È nei Paesaggi naturali, contraddistinti da una ricerca sulle dimensioni e sui volumi, sull’equilibrio tra le cose, che infine giunge all’apoteosi la ricerca della sintesi perseguita da Fontana, il cui ‘io’ si proietta nella creazione di ogni fotografia, tanto da plasmare poeticamente la realtà. Pubblicata in onore del novantesimo compleanno del maestro, narratore e pioniere della fotografia a colori, la monografia è corredata dei contributi di Caterina Mestrovich e Nicolas Ballario.
venerdì 29 marzo 2024
La vita segreta dei colori di Lauretta Colonnelli (Feltrinelli)
Dinamici, avvolgenti, sbiaditi, desolanti o spaventosi, i colori esprimono i nostri stati d’animo, ispirano film, suggeriscono partiture musicali, dettano mode e gusti estetici. Non c’è corrente artistica che non influenzino con la loro straordinaria forza visionaria. Non c’è momento storico che nell’immaginario collettivo non sia legato a un colore né testo letterario che non evochi un universo cromatico indimenticabile. Intorno a questo «materiale» apparentemente sfuggente Lauretta Colonnelli costruisce una fitta trama di sguardi, vicende e aneddoti, narrati con i toni incalzanti di un romanzo e la perizia di un saggio. Un percorso che spazia dall’antichità ai gioi nostri e indaga i risvolti più enigmatici che si celano nelle infinite sfumature dei colori. Scopriamo così che possono essere temibili serial killer, come il verde smeraldo e il bianco di piombo, o amanti della pace e del quieto vivere, come l’azzurro. Che il loro studio ha portato a elaborare teorie psicologiche e scientifiche, tra cui quelle di John Tyndall, il fisico irlandese al quale si deve la spiegazione del perché il cielo è blu. Che generano ossessioni – pare che Van Gogh mangiasse la vernice gialla direttamente dai tubetti, convinto che quella tinta brillante e solare lo avrebbe salvato dalla depressione – e libere associazioni, come quando Proust, nella Recherche, descrisse l’«essenza colorata» di città che non aveva mai visto: Venezia con «le vie scroscianti, arrossate dal riverbero degli affreschi di Giorgione», Firenze «bagnata nell’oro», Parma «compatta e liscia, mauve e dolce nel riflesso delle viole». Un racconto appassionato che coinvolge ogni campo del sapere, dalla storia alla matematica, dall’arte alla musica. Una celebrazione originale e suggestiva dell’ingrediente irrinunciabile della nostra esistenza e del suo prodigioso potere espressivo.
giovedì 28 marzo 2024
mercoledì 27 marzo 2024
martedì 26 marzo 2024
lunedì 25 marzo 2024
Architettura e vita Architettura e vita di Sara Marini, Cherubino Gambardella (LetteraVentidue)
Un confronto tra Sara Marini e Cherubino Gambardella sul rapporto scontato ma non troppo tra architettura e vita. I passaggi tra le due voci non sono celeri come vorrebbe la formula dell'intervista: i ragionamenti sul tema incedono attraverso una serie di ingressi in verticale dentro gli archivi, gli strumenti di lavoro, le immagini rubate alla realtà e quelle prodotte per evocarla o modificarla. Lo scambio è anche uno scontro: solitamente un'intervista perimetra una comfort zone nella quale avviene il palleggio, mentre in questo caso si preferiscono deviazioni, fronteggiamenti, sottintesi per disegnare posizioni e differenze. Riflettendo su come vita e architettura sono compagne di strada si attraversano case, progettate o anche solo immaginate, libri, teorie e città. Il confronto si chiude con un capitolo dedicato a Venezia versus Napoli per rimarcare il ruolo dell'architettura vissuta nel costruire le vie e le attese del progetto, ma anche per non dimenticare il nesso inevitabile tra spazio e società.
domenica 24 marzo 2024
sabato 23 marzo 2024
venerdì 22 marzo 2024
giovedì 21 marzo 2024
mercoledì 20 marzo 2024
martedì 19 marzo 2024
lunedì 18 marzo 2024
domenica 17 marzo 2024
sabato 16 marzo 2024
venerdì 15 marzo 2024
Paul Klee. Genio e regolatezza di Gregorio Botta (Laterza)
Lo chiamavano il Mago del Bauhaus, Buddha o addirittura il Buon Dio. Chi era davvero Paul Klee e perché diceva di essere inafferrabile? A indagarne il mistero è lo sguardo di un artista che ne osserva la vita leggendo le sue opere. Ne viene fuori una biografia artistica capace di spiegare a tutti come Paul Klee è diventato Paul Klee.
«La biografia chirurgica e struggente di un maestro del Novecento.» - Chiara Gatti, il venerdì di Repubblica
«Gregorio Botta mostra come la vita di uno dei più grandi artisti del Novecento non confermi affatto la necessità che il genio sia associato alla follia.» - Massimo Recalcati, La Stampa
«Botta è un raffinato artista visivo che ha grande dimestichezza anche con l’arte dello scrivere. Il rigore con cui si documenta sugli artisti di cui scrive e uno sguardo reso più penetrante dalla cognizione diretta del processo creativo rendono i suoi libri illuminanti sia per i profani che per gli ‘addetti’.» - Antonio Pinelli, la Repubblica
«Un viaggio che ci accompagna dentro all’urgenza creatrice dell’artista.» - Angela Maderna, il manifesto
giovedì 14 marzo 2024
I CCCP - FEDELI ALLA LINEA A MELPIGNANO PER IL SEI FESTIVAL DI COOLCLUB
Dopo una lunga attesa arriva l’annuncio ufficiale: venerdì 9 agosto (ore 21:30 – ingresso 43 euro + dp) nell’arena del Palazzo Marchesale in Piazza Antonio Avantaggiato a Melpignano, la diciottesima edizione del SEI Festival di CoolClub ospita l’imperdibile ritorno dei CCCP - Fedeli alla linea. Dopo l’essersi ritrovati e la conseguente mostra “Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla linea 1984-2024” nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia, dopo il “Gran Gala Punkettone di parole e immagini” al Teatro Romolo Valli, le tre date sold out all’Astra Kulturhaus di Berlino con il concerto “CCCP in DDDR” e l’uscita dell’album live inedito “Altro che nuovo nuovo”, la band torna sulle scene live in Italia con il tour In Fedeltà la Linea C’è. A 40 anni dal primo EP, “Ortodossia”, Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur, accompagnati dalla band composta da Luca Alfonso Rossi, Ezio Bonicelli, Simone Filippi, Simone Beneventi e Gabriele Genta, saliranno sul palco dei principali festival italiani. E tra le undici tappe di uno della tournée più attesa dell’estate non poteva mancare assolutamente Melpignano, comune grico al quale la band è profondamente legata per l’incredibile storia del tour in Unione Sovietica raccontata nel recente film “Kissing Gorbaciov” di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife. Ben lontani da un’operazione nostalgica, sempre liberi da etichette e confini, i CCCP – Fedeli alla linea tornano a grande richiesta per parlare al mondo di oggi, in una serie di live tra il sacro e il profano dove lo slogan “Produci, consuma, crepa” risuona attuale come non mai. Un successo, il loro, plasmato dalla capacità di rendere iconica ogni azione, lasciando un’impronta indelebile nell’immaginario di più generazioni.
Le prevendite del concerto di venerdì 9 agosto, organizzato dal Sei Festival in collaborazione con A Melpignano – Meridiano Salento di Razmataz Live e Comune di Melpignano, saranno disponibili dalle 18:00 di giovedì 14 marzo in esclusiva su ticketmaster.it e dalle 18:00 di venerdì 15 marzo anche su dice.fm e ticketone.it. Per tutta l’estate il festival ideato, prodotto e promosso da Coolclub, realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Puglia con il supporto di Vini Garofano e in collaborazione con numerose realtà pubbliche e private, proporrà in giro per il Salento il suo viaggio musicale con il claim “Perdersi per ritrovarsi”.
Il tour dei CCCP - Fedeli alla linea, ideato e curato in collaborazione con Musiche Metropolitane di Luca Zannotti (qui info e biglietti), prenderà il via il 21 maggio in Piazza Maggiore a Bologna, proseguirà al Circolo Magnolia di Milano, per un’anteprima del Mi Ami Festival (23 maggio), all’Ippodromo delle Capannelle di Roma per Rock in Roma (13 giugno), Collegno, in provincia di Torino, per Flowers Festival (27 giugno), al Barton Park di Perugia per Moon in June (28 giugno), a Villa Bellini di Catania per Summer Fest (4 luglio), a Villa Ca' Cornaro di Romano D’Ezzelino, in provincia di Vicenza, per Ama Festival (12 luglio), a Servigliano, in provincia di Fermo per NoSound Fest (21 luglio), al Parco Mediceo di Pratolino di Firenze per Musart Festival (26 luglio) e nell’Anfiteatro Ivan Graziani di Alghero per Festival Abbabula (3 agosto).
3331803375 - www.seifestival.it
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#seifestival #PerdersiPerRitrovarsi
mercoledì 13 marzo 2024
A.MORE gallery | CORPI IN ATTESA. Mostra personale di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico | Fino al 31 maggio 2024 - Via A.Massena, 19 Milano
A.MORE gallery presenta fino al 31 maggio 2024 CORPI IN ATTESA, mostra personale di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico. L’esposizione, nella sede della galleria in Via A. Massena 19 a Milano, presenta una nuova serie di lavori che l’artista romano, meneghino d'adozione, ha realizzato negli ultimi anni e che vengono esposti per la prima volta.
La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia visiva di Aldo Salucci, che per questo nuovo corposo ciclo di opere ha come punto di partenza la biologia e l'anatomia umana. L’artista ha realizzato le opere grazie all'utilizzo del microscopio elettronico e servendosi di materiali e reagenti chimici, particolarmente colorati, ha realizzato delle opere dogmatiche, figure indistinguibili, che solo se osservate attentamente riportano alla mente delle neoplasie e delle cellule tumorali. Aldo Salucci “porta in scena” una delle più grandi paure che l’uomo ha con l’obiettivo di esortare il visitatore a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare ogni fonte di dolore. Un’esortazione ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti dell’unicità di ogni essere umano.
La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia visiva di Aldo Salucci, che per questo nuovo corposo ciclo di opere ha come punto di partenza la biologia e l'anatomia umana. L’artista ha realizzato le opere grazie all'utilizzo del microscopio elettronico e servendosi di materiali e reagenti chimici, particolarmente colorati, ha realizzato delle opere dogmatiche, figure indistinguibili, che solo se osservate attentamente riportano alla mente delle neoplasie e delle cellule tumorali. Aldo Salucci “porta in scena” una delle più grandi paure che l’uomo ha con l’obiettivo di esortare il visitatore a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare ogni fonte di dolore. Un’esortazione ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti dell’unicità di ogni essere umano.
"Le opere, si prefiggono l'obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento. Questo nuovo impulso sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l'accento sull'onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in tutta la sua trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē – afferma il curatore della mostra Domenico de Chirico - Assecondando una personalissima visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com'è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia corporea sia trascendentale. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità”.
In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno stile semplice, vivace e immediato. L’artista utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori accesi. Nelle opere troviamo ferite e lacerazioni che Aldo Salucci ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi ("riparare con l'oro”), utilizzata dai ceramisti per riparare tazze per la cerimonia del tè. Questa pratica nasce infatti dall'idea che dall'imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore. “Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente” - afferma il curatore.
Aldo Salucci, anche in questo progetto utilizza la fotografia non come scopo finale della sua arte, ma come mezzo che gli permette di creare opere di tecniche miste che spingano il visitatore a riflettere, a interrogarsi. Opere che possano spronare l’uomo a accettare le proprie cicatrici e da quelle trovare nuova forza e speranza per affrontare quello che lo può attendere. Una selezione del nuovo ciclo di fotografie di Aldo Salucci verrà esposto nello stand che A.MORE gallery presenterà quest’anno a MIA Photo Fair (11-14 aprile 2024 ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI).
CALENDARIO EVENTI:
25 marzo 2024 ore 17.30
“De Nittis - Nadar - Rosa Genoni”
Elisabetta Invernici dialoga con Roberto Mutti
Per l'occasione visita guidata alla mostra CORPI IN ATTESA di Aldo Salucci
A.MORE Gallery - Via A. Massena 19 Milano
Ingresso libero. Rsvp: evicom@tiscali.it
MIA PHOTO FAIR 2024
ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI | Via Gattamelata, 13 Milano
A.MORE Gallery sarà presente allo Stand E007 con opere di Aldo Salucci e Alessandra La Marca
10 aprile ore 13.00: Conferenza stampa (accredito con ufficio stampa di MIA PHOTO FAIR)
10 aprile dalle 17.00 alle 20.00: Preview (solo su invito)
Orari di apertura MIA PHOTO FAIR dall’11 al 14 aprile 2024 | dalle 12.00 alle 20.30
BIGLIETTI ACQUISTABILI SU: MAILTICKET
Aldo Salucci, nato a Roma, attualmente vive e lavora nella città di Milano. Si appassiona al disegno e alla sperimentazione dell’uso dei colori fin dall’infanzia. Resta affascinato dal potere della fotografia e da un meticoloso lavoro di post-produzione digitale che gli permette di creare un nuovo forte mezzo di comunicazione che risulta spontaneo e libero da ogni regola. La fotografia è il mezzo che gli permette di creare opere d’arte di tecniche miste. Tra le mostre personali si ricorda: On the nature of things, A.MORE gallery, Milano (2021); Dystopia, Galleria Statuto 13, Milano (2018); Mud, Galleria Statuto 13, Milano (2017); Aquaticus, Galleria Statuto 13, Milano (2016). Ha inoltre partecipato a diverse Fiere d’arte tra cui: Unfair (2023), The Others (2023), Wopart (2022), Investec (2022), Art Verona (2021), SWAB (2021) e MIA Photo Fair (2021 e 2019).
A.MORE gallery è stata fondata a settembre 2020 in Via Massena 19, nel cuore di Milano, vicino l'Arco della Pace. La galleria si occupa di arte contemporanea e promuove le opere di artisti nazionali e internazionali. La sua missione è quella di offrire e presentare, attraverso una ricerca apporfondita, artisti e opere d’arte potenti e di grande impatto che possano incuriosire amanti dell’arte e collezionisti. L’obiettivo è infatti quello di mostrare nuove prospettive nell’ambito dell’arte contemporanea e proporre solidi investimenti per il futuro.
Van Gogh (Edizione Illustrata) a cura di Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti (Skira)
Un nucleo significativo di opere provenienti dal prestigioso Kröller- Muller Museum di Otterlo (che possiede una delle collezioni più complete del grande artista), arricchito dalle due straordinarie tele di Van Gogh della Galleria Nazionale di Roma (L'Arlesiana, da Gauguin, e Il Giardiniere, noto anche con il titolo di Contadino) offre un'occasione straordinaria per ripercorrere l'opera di questo straordinario maestro che ha saputo contrapporre al dolore e al profondo disagio interiore il coraggio e la forza del suo linguaggio artistico, davvero unico e inconfondibile nella sua tormentata espressività. Vincent van Gogh, il pittore maledetto che identifica completamente la sua arte con la sua vita, vivendo l'una e l'altra con profonda drammaticità. Un genio immortale, una delle figure più ammirate della storia dell'arte ma anche una tra le più tormentate. L'artista che muore solo e disperato, per essere glorificato solo dopo la morte. Il volume documenta l'intero percorso del pittore olandese seguendo un filo conduttore cronologico che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita. I grandi capolavori dell'artista sono affiancati da un nutrito numero di disegni perché, come scriveva lo stesso Van Gogh, "Il disegno è l'origine di tutto" e nessuna esplorazione della vita e dell'opera di questo artista sarebbe completa senza uno sguardo ai suoi molti, incredibili disegni, tutt'altro che meri strumenti per la preparazione di più ambiziose opere su tela. Come diceva lui stesso, disegnare vuol dire "lavorare attraverso un invisibile muro di ferro che sembra separare ciò che si sente da ciò che si è in grado di fare. È necessario indebolire questo muro, erodendolo a poco a poco con costanza e pazienza".
martedì 12 marzo 2024
I BAMBINI PALESTINESI DISEGNANO IL FUTURO: “LIBERANDO L’IMMAGINAZIONE: PALESTINA 2023-2048”
Bologna, 12 marzo 2024 – È possibile immaginare un futuro in mezzo alle macerie della guerra? Come possono gli occhi di un bambino elaborare l’orrore, la perdita, la morte e continuare a nutrire una speranza per un domani migliore? Domande cui tenta di rispondere “Liberando l’immaginazione: Palestina 2023-2048”, che inaugura giovedì 14 marzo alle 18.30 negli spazi di Nassau (via de’ Griffoni 5/2) a Bologna. La mostra nasce dal lavoro di Jeremy Lester - per 30 anni professore in Inghilterra di Filosofia e Scienze Politiche e autore di numerosi saggi, oggi residente tra Bologna e Parigi – nel campo profughi Dheisheh alla periferia di Betlemme, tra dicembre 2023 e gennaio 2024. Durante il periodo trascorso nel campo, Lester ha elaborato un progetto artistico/politico di arte terapia con un gruppo di bambini e adolescenti con l’obiettivo di cercare di liberare la loro immaginazione dal pantano degli incubi di cui soffrono, a causa delle frequenti incursioni dell’esercito israeliano nel campo e delle condizioni di vita quotidiana che devono affrontare.
Abitare la ferita di Valentina Casadei Collana FUOCHI diretta da Ottavio Rossani (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Nuova pubblicazione di rilievo internazionale per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno per la collana FUOCHI diretta da Ottavio Rossani. Si tratta di un progetto editoriale, quello appunto della collana FUOCHI, che prevede poche uscite annuali, e verte fondamentalmente sull’individuazione di quelle voci poetiche italiane, che secondo Rossani generano, mantengono e comunicano un “fuoco” di forza stilistica, formale e metrica in grado di incendiare gli animi del lettore.
“Abitare la ferita” è una sequenza di testi lievi, ma dolorosi. Il dato di fatto è che l’amore muore. È “lui” che non funziona più, che si allontana. Lei non sopporta la sofferenza. Non l’accetta. E il tentativo di spiegarla non la conforta. Deve elaborare la separazione, deve curare la ferita. Il corpo reagisce rifiutando la realtà. Sembra impossibile poter continuare a vivere, recuperare tutto ciò che manca nel vuoto della distanza. Non può non ripensare (ricordare, interrogare) al deterioramento del legame: “più mi avvicinavo, più ti allontanavi”. Sul corpo e nella mente, fisicamente e ariosamente, si addensano ira, delusione, sfiducia nell’immaginare un nuovo percorso di vita e d’amore. Eppure, lentamente, diremmo naturalmente, qualcosa si muove, le ipotesi di risveglio dall’apatia si moltiplicano. “Non sono solo io ad aver perso un amore, un amico”. I segnali sono discontinui: i sogni ricominciano a regalare immagini nuove, le parole pensate aiutano a ridurre i contorni della ferita (anche se lei, sente “assottigliarsi la pelle che circonda la ferita”), mentre ancora identifica luoghi, persone, cose che appartengono a un passato che non vuol passare. Tuttavia tutto progressivamente si sfuoca. Nessuno può spiegare perché finisce l’amore. Non c’è un momento preciso in cui si può identificare la caduta; non c’è un percorso canonico di salvezza o di recupero del rapporto “strappato”. C’è solo il presente inesorabile. Il dolore è troppo grande per poter razionalizzare l’accaduto. Solo il tempo, o l’allontanamento dai luoghi in cui la vicenda si è rotta, può lenire lo “strazio”. Lei si domanda: sono io a non aver capito nulla, a non aver saputo intuire le debolezze e agire per rafforzare il rapporto, il dialogo, la tenerezza. I ricordi del suo profumo, del suo modo di muoversi, dell’inadeguatezza dei suoi comportamenti (senza rimedio quell’arrivare sempre in ritardo), servono ben poco per cercare un chiarimento (surreale, impossibile). Dunque, tutto è accaduto perché doveva accadere. Lentamente lei, donna ferita, ma ansiosa di trovare un nuovo orizzonte ricostruttivo (“uno straccio di sopravvivenza”), comincia a ipotizzare, desiderare, un’uscita dall’autocommiserazione: “… il mio nuovo voto/ ritornare a possedere il cielo”. I versi sono puliti, il ritmo è coerente alla discontinuità del sentimento, la lingua è libera da controsensi, spesso la linearità si esprime in versi più lunghi degli altri. La scrittura è asimmetrica, ma coerente agli scompensi da ricomporre. Riparte la sua “rivoluzione” proprio con i versi, e se anche ci sono molti “nodi da slegare”, troverà “la parola che non ti appartiene e che mi salverà”. La salvezza è una nuova lingua, che indica il nuovo modo di intuire il proprio essere. (dalla prefazione di Ottavio Rossani)
In copertina: Ottavio Rossani
La donna del sogno - (particolare)
acrilico su tela, 2000 - cm. 50 x 70
Valentina Casadei è una sceneggiatrice, autrice e regista italiana. Diplomata in storia del cinema al Dams di Bologna e in sceneggiatura all’Eicar di Parigi, ha scritto e diretto due cortometraggi, "Giusto il Tempo per una Sigaretta” (Italia, 2020). e “Ronde Nocturne” (Francia, 2024). Sue poesie e racconti brevi sono apparsi su varie riviste letterarie italiane cartacee e online. Ha pubblicato cinque raccolte di poesie: "Tormento Fragile" (Bertoni, 2018), "Il Passo dell'Inerzia" (SaMa, 2020), "Uno Più Uno Fa Uno" (Ensemble, 2020) e in Francia, “Plainte Contre A”(Maintien de la Reine, 2023) e “Habiter la Blessure” (Éditions du Cygne, 2023). Ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Carver nel 2022. Attualmente insegna sceneggiatura all’Eicar, è lettrice di sceneggiature per il CNC e sta sviluppando il suo primo lungometraggio, “L’Enfant Seul”, iniziato all’Atelier Scénario della Fémis di Parigi. “Abitare la ferita” è la sua sesta raccolta. Queste poesie non sono altro che un piccolo tentativo di rinascere dalle ceneri. Quando lo strappo di una rottura guasta, sboccia un sorprendente bisogno di riparazione e ricostruzione, che spesso comincia dal potere salvifico che risiede nella condivisione: di questi testi, per esempio.
Info
Collana Fuochi diretta da Ottavio Rossani
https://collanafuochidirettadaottaviorossani.blogspot.com/
Abitare la ferita di Valentina Casadei
https://iqdbcasaeditrice.blogspot.com/2024/02/abitare-la-ferita-di-valentina-casadei.html
Valentina Casadei
Scénariste / Réalisatrice / Auteure
lunedì 11 marzo 2024
domenica 10 marzo 2024
L'arte è davvero finita di Yves Michaud (Mimesis)
Nell’ultimo mezzo secolo il campo delle arti visive ha assistito alla progressiva scomparsa delle opere tradizionalmente intese - quadri e sculture - e a un contestuale affermarsi delle installazioni e degli ambienti estetici, in grado di avvolgere lo spettatore in un’esperienza multisensoriale. Dopo aver colto questo fenomeno di “vaporizzazione” nel saggio L’arte allo stato gassoso, Yves Michaud torna a farsi grande interprete del mondo dell’arte contemporanea descrivendone una seconda decisiva evoluzione: il suo assoggettamento al regime iper-estetico odierno. Operazioni di estetizzazione sempre più capillari e pervasive plasmano ogni ambito del vivere quotidiano, in cui qualunque cosa risponde ormai all’imperativo di essere attraente e piacevole. Da frontale, l’esperienza estetica diventa atmosferica e la sensibilità del soggetto si fa diffusa e ipertrofica. In un contesto simile, quale spazio rimane alla Grande Arte? La risposta è decisa e il giudizio inappellabile: nessuno. L’arte è davvero finita.
sabato 9 marzo 2024
La Casa Editrice “I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno” è lieta di annunciarvi la pubblicazione del libro di Donato Di Poce: STREET ART Vandali o Artisti?
STREET ART Vandali o Artisti? La Street Art, nata come fenomeno di controcultura negli anni ’70 nelle metropoli americane, ha conosciuto negli ultimi decenni un’evoluzione straordinaria, affermandosi come una forma d’arte a sé stante e conquistando la ribalta internazionale. L’eterogeneità di tecniche e linguaggi rappresenta uno dei tratti distintivi della Street Art. Graffiti, murales, stencil, sticker art, installazioni e performance sono solo alcune delle modalità espressive utilizzate dagli artisti per comunicare con il pubblico. Le opere di Street Art affrontano una varietà di temi, spaziando dalla critica sociale e politica alla denuncia di ingiustizie e disparità, fino all’esaltazione della bellezza e della cultura locale. La natura effimera e spesso trasversale di questa forma d’arte conferisce alle opere una carica dirompente e un forte potere dirompente. La Street Art ha ormai travalicato i confini delle metropoli, approdando in quartieri residenziali, gallerie d’arte e musei. Istituzioni e privati iniziano a riconoscere il valore di questa forma d’arte, commissionando opere a street artist di fama internazionale. Essa dialoga con lo spazio urbano, integrandosi con l’architettura e il tessuto sociale del quartiere riuscendo a riqualificare aree degradate, donando nuova vita a spazi anonimi e creando un senso di appartenenza nella comunità.
L’Italia vanta una scena di Street Art vivace e in continua evoluzione. Da Banksy a Keith Haring, passando per Shepard Fairey e Blu, numerosi artisti di fama internazionale hanno lasciato il loro segno nel nostro paese.
Non solo Murales:
Donato Di Poce con questo suo nuovo lavoro, fornisce una visione più ampia e completa del concetto di Street Art che non è solo Murales. Per suo statuto genetico è fatta di ulteriori esperienze visive e creative, che per i più sembreranno marginali e invisibili, ma che in realtà, completano la visione dell’Arte di Strada, spesso irregolare, invisibile, ma che quando ci viene rivelata acquista grande interesse e valori simbolici ed estetici. Molte delle foto inserite in questo volume dimostrano con chiarezza esemplare, come spesso delle ombre sui muri, o dei riflessi sui vetri delle città, o delle macchie d’acqua o olio per terra, o tracce di manifesti strappati dalle intemperie o dall’uomo, formino delle vere e proprie icone espressive di grande impatto emozionale e simbolico.
Guardare non è vedere:
Impronte e segni verbo-visivi, contaminazioni e nuove visioni che arricchiscono il nostro alfabeto visivo e che spesso ci insegnano che l’arte si nasconde proprio nell’occhio e nel cuore di chi guarda (distratti da superficialità o dal bombardamento iconico dei media e della pubblicità) e che non basta guardare, ma l’amore e l’orizzonte visivo si ampliano solo se impariamo a vedere. (Guardare non è vedere).
La bellezza è ovunque:
Queste immagini ci ricordano che La bellezza è ovunque e intorno a noi e che se anche sempre più spesso gli Artisti famosi della Street Art, vengono fagocitati e assorbiti dal sistema dell’Arte e dei musei, la strada resta nostro territorio in cui vedere ed esercitare bellezza e arte in maniera libera e creativa, ci ricordano che spesso l’arte e la poesia si nascondono in un Sogno strappato, in una scritta su un muro, un’ombra che ci passa accanto, in un bagliore improvviso e provvisorio che si asciuga al sole dell’anima, nella visione di uno specchio girevole, o in una figura angelica accartocciata tra i rami dopo un nubifragio, e persino in un manichino che richiede la tua attenzione o in un ex poeta cha parla con una donna disegnata sul muro.
venerdì 8 marzo 2024
giovedì 7 marzo 2024
Le migrazioni del cuore. Variazioni di un'immagine tra devozione e «street art» di Giuliano Zanchi (EDB)
Le avventure di un'immagine religiosa che sconfina nella pubblicità, nell'arte contemporanea, nel cinema e nei graffiti. Dopo accesi dibattiti, verso la fine del Settecento si afferma una particolare devozione al Sacro Cuore di Gesù. Accolta con vigilante perplessità dal rigore delle teologie e dai timori delle gerarchie, essa diviene in poco tempo l'emblema di un sentire cattolico alquanto ferito dall'avanzare della cultura illuministica e sempre più distante dall'intellettualismo teologico. La devozione si diffonde attraverso una fortunata pianificazione di immagini che diventano presto icone stesse di una religiosità affettiva e popolare. La rappresentazione del Sacro Cuore finisce così per identificare il cattolicesimo come tale, ma il tema che essa custodisce supera i confini religiosi entrando nell'immaginario di insospettabili perimetri espressivi, dalla comunicazione pubblicitaria all'arte contemporanea, dal cinema all'arte di strada. Ogni volta per difendere le ragioni del cuore in un mondo che senza cuore perde anche la ragione.
"Deep Blossom" - Per la prima volta a Roma i fiori del maestro tedesco della fotografia Ingar Krauss. E' solo un fiore?
Roma, 22 febbraio
2024 - Gaggenau e Cramum presentano
nello spazio Gaggenau DesignElementi Roma dal 22 febbraio al 24 luglio
"DEEP BLOSSOM - È solo un fiore?", una straordinaria esposizione
curata da Sabino Maria Frassà, dedicata alle celebri "fotografie velate a olio"
di Ingar Krauss. Questo evento unico rappresenta la prima mostra personale
dedicata nella capitale al Maestro della fotografia tedesco, che fa ritorno a
Roma a dieci anni dalla sua partecipazione alla grande collettiva del XIII
Festival internazionale della fotografia presso il Museo Macro.
Con "DEEP
BLOSSOM" lo storico brand di lusso Gaggenau offre al pubblico
l'opportunità di immergersi nelle nature morte che hanno reso celebre Krauss a
livello internazionale. Le opere esposte, scatti analogici stampati in bianco e
nero, sono trattate con l'antica tecnica fiamminga della velatura a olio e sono
custodite in teche lignee create dallo stesso artista. Il risultato è
un'immagine a colori tridimensionale, quasi scultorea, ma al contempo eterea,
che non può che incantare lo spettatore, invitandolo a riscoprire con
meraviglia ciò che lo circonda: i protagonisti del sogno catturato da Krauss
sono semplici fiori provenienti dal giardino della sua casa in campagna al
confine con la Polonia, diventata il rifugio dell'artista dopo il clamore del
successo del Leica Prix vinto nel 2004.
Nel cuore di Roma,
il programma culturale promosso da Gaggenau e Cramum continua a esplorare la
bellezza intrinseca nella materia raccontata dai più innovativi artisti al
mondo. Le immagini essenziali, raffinate e sospese di Krauss si integrano
armoniosamente con gli elementi minimali di design di Gaggenau, trasformando lo
spazio in un'oasi di serenità al di là del tempo e del rumore urbano.
Ingar Krauss,
fotografo autodidatta nato nella Berlino Est, continua a sorprendere con la
potenza e l'intensità delle sue immagini. Il percorso espositivo "Deep
Blossom" pone al centro la luce, utilizzando i fiori come pretesto per
esplorare la complessità e la “profondità” della realtà circostante,
enfatizzata da una luce sempre radente. La tecnica della velatura, ispirata
dalla pittura fiamminga e da Caravaggio, conferisce alle immagini un'unicità
tridimensionale quasi materica.
Nel mondo
sovraffollato del grande formato della fotografia contemporanea, Krauss difende
la bellezza del "piccolo", sottolineando la concentrazione di densità
che si adatta perfettamente ai soggetti ritratti e li rispetta. La sua
fotografia va oltre il mero trasferimento di immagini su carta; rappresenta
l'essenza stessa dell'artista di fronte all'obiettivo, un regista che guida i
fiori come attori su un palco.
Come spiega il
curatore, Sabino Maria Frassà, "Questa mostra coglie uno degli elementi
fondamentali dell’arte di Ingar Krauss: il suo modo di guardare e condividere
una visione alternativa del mondo. Siamo sicuri di star guardando un semplice
fiore? Le nature morte di Krauss rappresentano, infatti, una filosofia di vita,
un richiamo a riconoscere la "profondità", la magia e la “sacralità”
delle piccole cose ... anche di un fiore del proprio giardino. Di fronte a
queste immagini, abbandoniamo ogni tentativo di interpretazione razionale del
reale e ci lasciamo trasportare in una meravigliosa fioritura di emozioni al di
là del tempo e dello spazio. È la magia dell’arte più autentica, creata non per
il mercato, ma per una necessità: questa nuova materia fatta di luce, natura e
immagine è la voce di un artista tanto schivo e riservato quanto immenso nella
capacità di portare avanti la fotografia nella contemporaneità."
Mistral Accorsi,
brand manager di Gaggenau, sottolinea: "Siamo onorati di inaugurare il
2024 con una mostra che rappresenta il percorso che conduciamo da anni con
Cramum, dedicato a un nuovo approccio alla bellezza in tutte le sue forme.
Proprio come Ingar Krauss, Gaggenau ha sempre considerato la storia come un
elemento fondamentale per il futuro: la tradizione secolare della lavorazione
dei metalli proveniente dalla Foresta Nera si fonde oggi armoniosamente con le
tecnologie più moderne. Allo stesso modo, il maestro tedesco ridà vita alla
tecnica della velatura a olio, che rese celebri i maestri fiamminghi del 1600.
Il risultato sono nuove immagini e nuovi elementi di design in cui la bellezza
travalica il tempo per essere iconici e tangibili esempi di contemporaneità”.
Ingar Krauss -
biografia
Ingar Krauss è un
fotografo e artista tedesco. È nato a Berlino Est nel 1965. Vive e lavora tra
Berlino e una tenuta nella campagna al confine con la Polonia. Dopo aver
lavorato a lungo in un ospedale psichiatrico diventa un fotografo negli anni
Novanta. Autodidatta, vince il Leica Prix nel 2004 e nel 2005 anche grazie al
libro ‘Portraits’ (Hatje Cantz) raggiunge fama internazionale. Da allora ha
partecipato a numerose mostre internazionali, tra cui alla Hayward Gallery di
Londra, al Musée de l’Elysée di Losanna, al Palazzo Vecchio di Firenze e al
MACRO di Roma, Frangit Nucem a Palazzo Isimbardi di Milano e Vitreus al
Gaggenau DesignElementi Hub di Milano.
Le opere di Krauss
si trovano in collezioni private e pubbliche in tutto il mondo, tra cui la
Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck; la Ordóñez-Falcón Photography
Collection di San Sebastián; The John Kobal Foundation di Londra; le americane
Bowdoin Museum of Art di Brunswick, Margulies Collection di Miami, Vince Aletti
Collection di New York, USA, Sir Elton John Collection di Atlanta. la
Collezione Hermès di Parigi; la Collezione Cees Dam di Amsterdam; le tedesche
Collezione Michael Loulakis di Francoforte sul Meno e la Berlinische Galerie di
Berlino.
Informazioni su
Gaggenau
Gaggenau produce
elettrodomestici professionali di altissima qualità ed è al contempo simbolo
di innovazione tecnologica e design “Made in Germany”. L’azienda, la cui
origine risale al 1683, rivoluziona l’universo degli elettrodomestici portando
caratteristiche professionali nelle case di chi ricerca la differenza, anche
nella cucina privata. Il successo delle sue soluzioni si fonda su una forte
componente artigianale della manifattura e su un design senza tempo dalle forme
pure e lineari, associati a un’elevata funzionalità e avanguardia tecnologica.
Dal 1995 Gaggenau fa parte del gruppo BSH Hausgeräte GmbH, con sede centrale a
Monaco, in Germania, ed è presente in più di 50 Paesi in tutto il mondo con 25
flagship showroom nelle principali città, tra cui quelle di Milano e Roma
inaugurati in collaborazione con il partner DesignElementi rispettivamente nel
2018 e nel 2020.
La differenza ha nome Gaggenau.
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