T.A.Z. Weblog Party

un nuovo "territorio mentale", che elude le normali strutture di controllo sociale

sabato 8 giugno 2024

MAURO REA CARTE, PARASSITI E ALTRE STORIE

MAURO REA

CARTE, PARASSITI E ALTRE STORIE

 

Studio d'Arte FC, in via Tanari 1445/b

Castel San Pietro Terme (Bo)

 

Inaugurazione sabato 8 giugno ore 18,00

8 giugno / 15 agosto 2024.

 

Orari: Lunedi chiuso.

Dal martedi al venerdì ore 17,30 / 19,30.

sabato e domenica su appuntamento.

 

Donato Di Poce presenterà durante l’inaugurazione il libro " MAURO REA Icone Pop", I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno

 

Il libro - "Il furore CreAttivo e sperimentale di Mauro Rea, non smette di stupire e di regalarci nuove sorprese e rivelAzioni, e questa raccolta di piccoli capolavori (perlopiù polimaterici su legno di circa 20x 40), vere e proprie “Icone POP” finalmente in mostra, ne sono la testimonianza. In realtà si tratta di sedimentazioni e accumulazioni carsiche che nel tempo Rea ha sapientemente elaborato e accumulato come un alfabeto iconico raccolto dalla strada(lattine di Coca Cola schiacciate e sapientemente e Duchampianamente decontestualizzate), per diventare matrice e logos di una rinascita materica ed estetica. Chiariamo subito che l’utilizzo del banale quotidiano che opera Rea non è da ricondurre alla serialità filosofica e concettuale dei Brillo Box di Warhol, semmai allo stordimento esistenziale di Baquiat e alle contaminazioni ludiche di Haring. E qui si evidenzia con forza e leggerezza, turbamento e grazia poetica, questo precoce maestro neo-futurista, neodada, neo-pop e patafisico che è Mauro Rea, con tutta la forza eversiva e sovversiva, lavica e incantatoria di un outsider che sceglie di rimanere libero e non inglobato dal sistema dell’Arte, come un ragazzo pasoliniano che ha attraversato tutti gli alfabeti dell’avanguardia, ma che rimane incantato dalla forza lavica della materia di Burri(plastiche bruciate), Mastroianni(cartoni polimaterici), Raushenberg(Assemblage oggettuale), Spoerri(etnosincretismi), Baj(eresia ludica e patafisica dei generali). Ma l’originalità di Rea, che ne fa anche la sua unicità e grandezza nel panorama artistico contemporaneo è la sua capacità di contaminare la materia con le sue visioni interiori, con il suo vissuto esistenziale e la sua tecnica artigianale sapientemente appresa da ragazzo dai maestri carnevaleschi ciociari. Infatti Rea ha travasato le suggestioni dei suoi idoli ed eroi di cartapesta, nelle attuali icone pop, che trasudano redenzione ed estasi, implosioni oniriche e colate emozionali, di grande valenza emotiva, votiva diremmo anzi Pasolinianamente “la religione della materia” e “la scarnificazione dello spirito”."

 

Organizzazione: Marea Servizi per l'arte, Anna Boschi, Donato Di Poce, Franco Rea, Manuela Mazzini.

 

” La materia non muore mai

La vita non muore mai

Subisce solo continui scambi di senso

Intervalli di vitalità

E allarga ogni volta

I nostri orizzonti

Dilata ogni volta i confini

Non siamo altro che materia

Provvisorie soluzioni

Temporanee verità.

La vita non è altro

Che la danza della bellezza

Sopra un abisso”.

 

Donato Di Poce - Milano, 27/8/2014

 

( ...) Vediamo allora gli esempi presenti nella mostra del 2024 che, secondo la volontà dell'autore, costituiscono un'antologia della produzione di una vita intera: «quasi tutti i lavori sono realizzati con materiali diversi, di recupero e alla base vi è sempre una forte riflessione e attenzione ai contenuti, ad un'idea di transitorietà, di caduta e riscatto, sono visioni, memorie, discese nell'inconscio. La Natura, che è rappresentata dalla foglia secca di bosco inserita nel collage polimaterico, si fonde con il simbolo dell'industria, vale a dire la lattina di limonata schiacciata , all'insegna dell'“Icona Pop” come Mauro Rea stesso la definisce. ... Il messaggio finale è insomma che l'Industria nella società di massa ha modificato la Terra intera e il suo ecosistema nella contemporanea era dell'antropocene, vale a dire del mondo antropizzato. (...) Al giorno d'oggi non siamo più abituati ad assistere ad un'Arte che trasmetta un significato profondo quindi il messaggio nascosto del Diapason conferisce alle opere esposte in questa Mostra di Mauro Rea un valore aggiunto inestimabile e sono convinto che produrrà un effetto molto positivo per l'apprezzamento dell'uomo e della donna comuni nei confronti dell'Arte Contemporanea. Come dice Mauro Rea: Arravutamm o'munno. L'Immaginario non ha confini. (Stefano Colonna)

 

(...) Mauro Rea, con tutta la forza eversiva e sovversiva, lavica e incantatoria di un outsider che sceglie di rimanere libero e non inglobato dal sistema dell’Arte, come un ragazzo pasoliniano che ha attraversato tutti gli alfabeti dell’avanguardia, ma che rimane incantato dalla forza lavica della materia di Burri (plastiche bruciate), Mastroianni (cartoni polimaterici), Raushenberg (Assemblage oggettuale), Spoerri (etnosincretismi), Baj (eresia ludica e patafisica dei generali)… La maestria di Rea e della sua ancora una volta Pasoliniana, “disperata vitalità” riesce a raccogliere in preghiera artistica, le devastAzioni neo futuriste e le contaminazioni ludiche Patafisiche, riesce a raccogliere e assemblare un Caos CreAttivo, dove il passaggio dell’uomo e della storia, lascia i segni sulla materia e sulle cose operando una vera redenzione del caso. Da qui la sua texture segnica, tematica e materica che schiaccia sensi e dissensi, in un nuovo alfabeto di minotauri, uccelli primordiali, pesci cannibali, upupe montaliane e personaggi dall’anima robotica, costellazioni antropomorfe e galassie aniconiche. (Donato Di Poce)

 

(...) L’epifania del suo gesto è antica, si direbbe arcaica, antropologicamente derivata da automatismi primordiali prim’ancora che psichici. Nei suoi quadri, infatti, non vi sono relazioni surreali, tracce di scritture di relazione alla Masson o alla Ernst, né giochi di colori alla Mirò, isole sabbiate e polimateriche alla Prampolini (che pure paiono evidenti), quanto un potente moto tellurico, un sentimento antico della natura di lucreziana memoria del “De Rerum natura” (tanto per intenderci), che dalla mano dell’artista si dipana su è giù, in alto in basso, fuori e dentro del centro fino a toccare il bordo della terra. Sono strutture antropologiche di un immaginario, per dirla con Gilbert Durand, che firmano tipologie ricomposte di segni desunti dai miti, da rimandi di letterature ignote e misteriose; sono fiori di un giardino organico popolato da piante e da mostri insorti dalle crepe della coscienza come animali emersi dal bestiario fantastico, come urli di incubi della notte della ragione, figli insani di un’altra stagione e di un altro spazio figurato. (Alessandro Masi)

 

(…) La pittura di Mauro Rea si pone dunque come punto di equilibrio tra la materia e la memoria, tra la terra e la sua ritualità. Un equilibrio che pur concretizzandosi nel quadro lo attraversa per andare oltre, al di là di uno spazio concluso per evocare l'infinità degli spazi esterni, dove la materialità del colore si trasmuta in terra, quella terra che è ferita, solcata dall'aratro, quella terra scura che è l'inizio e la fine di ogni ciclo vitale, che è luogo di nascita, di morte e di rinascita e che con il suo ritmico mutare scandisce il tempo di ogni vita, della vita. (Loredana Rea)




giovedì 6 giugno 2024

INAUGURATA “BACK TO PIETRA & Co. - PUBLIC ART A SIRMIONE” Mostra a cielo aperto da Punta Grò alle Grotte di Catullo

È stata ufficialmente inaugurata a Sirmione (BS) la mostra Back to Pietra & Co., un percorso espositivo a cielo aperto che da Punta Grò alle Grotte di Catullo presenta 26 opere di 15 artisti. Back to Pietra & Co. nasce nel segno di Lillo Marciano, curatore e ideatore delle precedenti edizioni di Pietra&Co. e di molte iniziative della Via del Marmo.

 

Il progetto, a cura di Valentina Marciano e Paola Cavalli, con la collaborazione di Franco Ghirardi, imprenditore e artista, è organizzato dal Consorzio Marmisti Bresciani e dal Comune di Sirmione con la partecipazione della Direzione Regionale Musei Lombardia, l’istituto del Ministero della Cultura che gestisce – insieme oltre ad altri 13 musei – l’area archeologica delle Grotte di Catullo a Sirmione.

 

Il progetto omaggia la collaborazione pluriennale tra Sirmione e Lillo Marciano, da sempre sostenitore di interazioni tra arte, territorio e pubblico, della bellezza senza tempo della penisola catulliana, della valorizzazione del mondo della pietra bresciana come patrimonio artistico e culturale del futuro e di una dimensione culturale al di fuori dei luoghi deputati e circoscritti all’arte.

 

L'iniziativa propone un percorso espositivo a cielo aperto da Punta Grò al centro storico di Sirmione. Spiagge, vie, piazze, vicoletti e parchi diventano i luoghi di incontro tra sculture realizzate con la pietra bresciana, installazioni contemporanee e persone, per riannodare il rapporto tra arte e pubblico e rimotivare la scoperta di una creatività al di fuori dei luoghi canonici dell'arte. 

Riportare l’arte al pubblico e il pubblico all’arte senza perdere intensità e capacità di sperimentare, sosteneva Lillo Marciano, per questo il percorso espositivo contamina i luoghi del quotidiano, portando le persone ad un incontro “imprevisto” con l’arte e utilizzando proprio questo effetto a sorpresa come strategia di comunicazione per incoraggiare anche quella parte di pubblico inconsapevole.

 

“Questo progetto nasce da una promessa fatta guardando l'ultimo orizzonte con papà a Punta Grò” racconta Valentina Marciano, figlia di Lillo e co-curatrice del progetto, “È un’eco della prima edizione di Pietra&Co nel 2007, nata per proporre a tutti i visitatori di Sirmione l'incontro tra il mondo della pietra bresciana e i diversi linguaggi artistici contemporanei. Nei diversi anni questo percorso di public art ha preso forme diverse, ma in ogni edizione il filo conduttore è stato proporre un'arte che fosse un osservatorio sulla realtà, una scoperta dell'altro da sé, un laboratorio di idee condiviso con il pubblico, per uscire dalla nostra indiscutibile soggettività, considerare punti di vista sconosciuti e aprirci a nuove letture di gesti, situazioni e immagini del mondo che ci circonda. L'arte è sempre stata un dialogo tra le emozioni che volevamo trasmetterci io e papà, consapevoli che la vera opera d'arte è sempre stata l'unicità di ogni istante della nostra vita. Nella sconfinata curiosità e nell'intelligente sensibilità degli artisti che mi hanno affiancato in questo percorso, ho ritrovato un po' di quella poesia che credevo ormai persa. Bisogna saper sognare.”

 

Sirmione ha avuto la fortuna di ricevere in dono dal suo passato una grande ricchezza artistica e culturale, un'eredità che vive nel presente e che chiede a gran voce di mantenere alta la bellezza come linea guida del nostro fare quotidiano. In un mondo dove è sempre più difficile perseguire questa strada, Sirmione guarda con attenzione alle espressioni della creatività contemporanea, in modo particolare quando queste si mettono in relazione con la sua grande storia, rinnovando ogni anno il sostegno all’arte ed agli artisti nell’ambito di rassegne, incontri e mostre. Back to Pietra & Co. segna quindi il ritorno della feconda collaborazione di Sirmione con il Consorzio Marmisti Bresciani, all’insegna di una grande rassegna artistica che, grazie anche alla collaborazione con la Direzione Regionale Musei Lombardia, intende rinnovare l’interesse e le emozioni suscitate dalle passate edizioni con una mostra diffusa in spazi aperti e luoghi pubblici che sorprenderà cittadini e visitatori con opere e installazioni che sono il frutto dell’incontro tra la sensibilità degli artisti e lo spirito dei luoghi, installazioni pensate appositamente per questi spazi che parlano a Sirmione e che da Sirmione vengono arricchite di significato. Alcune di queste opere rimarranno anche al termine della rassegna, lasciando un segno di bellezza permanente sul territorio.

 

“Il Consorzio Marmisti Bresciani, promotore del distretto lapideo bresciano, anche attraverso iniziative culturali, dopo il grande successo di Glocal Emotion in Cava Burgazzi a Rezzato, quest’anno è lieto di presentare il progetto espositivo Back to Pietra & Co..”, afferma Luisa Senini, Presidente del Consorzio Marmisti Bresciani. “La mostra intende omaggiare la creatività di Lillo Marciano, che è stato nostro curatore per molti anni, ideando e proponendo eventi di arte contemporanea, lapidea e non, anche nella bellissima penisola di Sirmione.”

 

Gli artisti che partecipano a questa edizione, scultori della pietra, artisti monumentali contemporanei e creatività legate ai mondi emergenti della digital art e dei linguaggi performativi, oltre a proporre un'esperienza inclusiva al di fuori dei luoghi espositivi tradizionali, hanno contribuito, con opere site-specific nate per Sirmione, a creare un percorso in cui arte e ambiente si compenetrano e ad immergere il pubblico in una creatività evocativa dello spirito del luogo, che consenta di identificarsi ed orientarsi in esso.

 

“Ogni uomo è un artista - J. Beuys. Questa citazione” racconta Paola Cavalli, co-curatrice del progetto, “mi fa pensare a Lillo Marciano uomo e artista dall’animo delicato, capace di esprimere in modo poetico il suo amore per l’arte, per gli artisti, per le loro idee e non solo, sentimento che è stato il filo conduttore della propria esistenza e della propria produzione artistica. Per Lillo ogni uomo aveva un potenziale artistico, la sua attenzione al singolo mi ha sempre affascinato insieme ai suoi progetti rivoluzionari e senza tempo, che esprimevano la sua umanità, la sua creatività e sensibilità. Noi siamo onorati di riproporre il suo progetto dedicato a Sirmione, dal titolo Pietra & Co, rinominandolo Back to Pietra & Co., con l'intento di ricordare (che vuol dire riportare al cuore) e ripercorrere questo suo progetto che da Punta Grò ci conduce fino al centro di Sirmione, facendoci sognare grazie ad un percorso costellato di opere d’arte. Fondamentale la presenza degli artisti, complici straordinari che ci hanno permesso di realizzare tutto questo: esponenti della storia della pietra e della scultura locale che dialogano con artisti d’arte contemporanea e l’immancabile Lillo Marciano.”

 

Custodi indiscussi dello spirito autentico dei luoghi nel percorso curatoriale di Lillo, sono i lupi dei Cracking Art, che nel 2016 con la mostra Cave Canem nella dismessa cava Burgazzi di Virle Treponti, hanno trasformato un luogo abbandonato da anni in un luogo dell'arte dove riflettere sulla storia millenaria della lavorazione del marmo locale.

Il progetto ideato dai Cracking per le Grotte di Catullo nasce dalla volontà di dare continuità a questa visione in un luogo dallo spirito storicamente evocativo, che sembra resistere incontaminato alle modifiche imposte dal tempo. Un luogo ricco di storia e di bellezza, come sono le Grotte di Catullo, si carica di nuove suggestioni grazie al dialogo tra le imponenti sussistenze archeologiche e il linguaggio contemporaneo di Cracking Art. Commenta Flora Berizzi, direttrice delle Grotte di Catullo e del Museo Archeologico Nazionale di Sirmione: “Un accostamento non scontato, quello tra i coloratissimi lupi di Cracking Art e lo splendido contesto archeologico e paesaggistico delle Grotte di Catullo, capace di far scaturire nuovi e sorprendenti sguardi sul nostro patrimonio archeologico. Non è la prima volta che le Grotte di Catullo si aprono ai linguaggi dell’arte contemporanea: l’abbiamo già fatto nel 2022 con le installazioni luminose di MAI Museum e con la mostra fotografica Otium, di Arianna Arcara, tuttora visibile all’interno del Museo Archeologico. Un incontro, quello fra arte contemporanea e patrimonio archeologico che intende rivivificare le magnificenti rovine dell’antica villa romana, integrando storia, cultura e ambiente naturale”.

 

Il progetto Back to Pietra & Co. è stato realizzato grazie al generoso supporto delle istituzioni patrocinanti (Camera di Commercio di Brescia, Botticino Stone District, Scuola delle Arti e della Formazione Professionale Rodolfo Vantini, Visit Brescia, Confapi Brescia), al contributo di numerosi sponsor tecnici e alla disponibilità di realtà territoriali che hanno fornito collaborazione e location, come in particolare il Villa Cortine Palace Hotel.

 

La mostra sarà allestita fino al 3 novembre 2024. Tutti i dettagli del percorso, gli artisti e le opere sono disponibili nel portale turistico del Comune di Sirmione: visitsirmione.com o sulle pagine social del Consorzio Marmisti Bresciani.




Foggia: Francesco Petrone. Rossi Cardinali - Mostra d'arte contemporanea in Puglia

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Il G7 porta in Puglia i grandi capolavori della pittura italiana: al Castello di Mesagne 51 opere d'arte in mostra

Il G7 porta in Puglia i grandi capolavori della pittura italiana: al Castello di Mesagne 51 opere d'arte in mostra

Pralina N° 102 - Alessandro Savelli. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

Thorsten Passfeld at Galerie Levy

mercoledì 5 giugno 2024

In Messico con Frida Kahlo. L'autoritratto come geografia di Paola Zoppi (Perrone)

Paola Zoppi immagina una cartografia essenziale nella quale far convergere case, città e strade, nelle quali la vita dell'artista messicana ha preso forma; e una mappa astrale che delinea il profilo di Frida al momento della sua venuta al mondo e prima che il mondo stesso entrasse in lei. Tuttavia una storia non può essere solo lo svolgersi cronologico di fatti e non può limitarsi a ciò che già conosciamo. Frida va ricercata nelle parti del suo corpo che, una volta fratturate, sono divenute genesi e spazio della sua arte; nelle parole diventate luogo di passione: disintegrazione, nascita, doppio. In quella cultura materiale che si alimenta del suo volto, lo stesso che l'artista ha disegnato ossessivamente per prima.



Pralina N° 101 - Elena Strada. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

The Garden of Forking Paths Sculpture Project

venerdì 31 maggio 2024

Sabine Hemming: Living Shapes

MyMicroGallery è lieta di presentare, dal 12 Giugno al 27 Giugno 2024, “Living Shapes”, la prima personale in Italia dell’artista tedesca Sabine Hemming. In mostra dodici opere ad olio su tela in cui il principale soggetto è il Lampadario. Il lavoro di Sabine Hemming dunque parte da un oggetto che emette luce. È un corpo sospeso, immobile, ma capace di generare luci e ombre, colore e trasparenze.  Nello spazio pittorico l’artista lo interpreta come forma vivente, sperimenta energie creative in movimento, esprime intime connessioni, cambiamenti, vibrazioni, comunicando geografie  dell’anima.

Il Lampadario, e nello specifico il lampadario classico di cristallo, è l’oggetto  congeniale all’artista perché le permette di agganciarsi alle forme naturali in modo traslato e di immergersi  nel  fascino di  rievocazioni  ambientali.  Luce e spazio convergono e spesso le sue forme rievocano elementi naturali e vegetali. La pittura di Hemming, seguendo queste tracce, sviluppa una trasmutazione che rende impalpabile l’oggetto facendolo risuonare con lo spazio, avvalendosi di monocromie pulsanti e di modulazioni torno su tono, che mutano ad ogni angolazione. Siamo nella luce  che si riflette dai  cristalli  all'ambiente circostante e  a noi ritorna con il linguaggio della pittura. È un corpo luminoso che, come nella vita,  è attivamente plasmato dal movimento e dal cambiamento. E la vita esiste solo in tale dinamismo.  

Il Lampadario è un buon simbolo del cambiamento nel tempo. È un oggetto di culto che può rappresentare valore, lusso, sfarzo. Ma è pur sempre l’evoluzione più  o meno opulenta della  lampada che a livello simbolico rimanda agli albori della conoscenza e della meraviglia, alla luce della creazione, all’archetipo del viandante con in mano la lanterna alla ricerca della via, della verità, alla  lanterna di Diogene che l’antico filosofo portava con sé per cercare un uomo onesto, ma soprattutto per cercare l’essenza dell’uomo. 

Il Lampadario, da cui parte Sabine Hemming per poi giungere alle soglie dell’astrazione, è un oggetto simbolo di unificazione dei tempi, presente passato e futuro che le consente di percepire, all’interno dello spazio, forme fluttuanti collegate fra di loro, che man mano perdono le loro connotazioni reali per sfaldarsi in innumerevoli pennellate e sprizzi di luce.  È una sinfonia  poetica in grado di muoversi tra le cose secondo una dimensione alchemica, capace di riattivare, in maniera sensibile e assolutamente personale, lo spazio artistico e il procedimento creativo.

Attratta dal processo trasformativo della pittura, Sabine Hemming utilizza l’elemento figurativo pittorico con l’anelito di espandere e di rendere manifeste  energie invisibili, ancorandosi ad una struttura, in questo caso il lampadario, che solo apparentemente è in uno stato di inerzia, ma che in realtà seduce per estetica e per funzione.  Per sensibilità dell’artista diviene simbolo della condizione dell’essere, cosi che il suo fluttuare, da una dimensione all’ altra, dal buio alla luce, possa rivelare la sua verità e la sua visione del mondo.  
 
 
 
Sabine Hemming è nata nel 1974 a Monaco.  Si è diplomata nel 1995 al liceo di Stoccarda, si è formata come ceramista presso l'Iljinski Ceramic Studio e la Scuola di colore e design di Stoccarda-Feuerbach. Ha studiato alla Scuola libera d'arte di Stoccarda con i docenti Neisser, Heger e Kilian, ha studiato all'Accademia Statale di Belle Arti di Stoccarda con i professori Baumgartel e Güdemann, diplomandosi nel 2001. Insegna alla Scuola Waldorf di Stoccarda. Dal 2001 lavora come artista freelance nel proprio studio. Dal 2009 vive stabilmente sul Lago di Costanza e dal 2013 ha uno studio a Neuwerk Konstanz. Ha all’attivo numerose mostre collettive e personali in patria e all'estero, nonché la partecipazione a fiere di settore a Stoccarda, New York, Costanza, Basilea, fiera degli artisti al castello di Schwetzingen e ad Amburgo,  Dubai UEA all'Expo,  Stoccarda al Retro Classic, Friedrichshafen al Klassikwelt Bodensee, ART Zurich ed Expo a Milano. È rappresentata dalla Galerie Schill a Stoccarda ha in corso progetti con la Galerie Lachenmann ART Konstanz e la Galerie Passepartout a Milano.
 

 
Dal 13 Giugno al 27 Giugno
su appuntamento. T + 39 338 4305675
 
Per informazioni:
stefaniacarrozzini@gmail.com  
www.mymicrogallery.com




FIAF presenta il primo festival della fotografia italiana

 Bibbiena (AR), 30 maggio 2024 - La cultura iconografica italiana, con una sua estetica tanto distintiva quanto universale, merita una celebrazione che ne esplori in profondità la complessità e l'evoluzione. Contrariamente alle percezioni di un ritardo culturale, i percorsi della fotografia italiana dimostrano un coraggio esemplare nell'innovazione e nella ricerca di nuove prospettive. Questa tradizione visiva, arricchita da un patrimonio storico e culturale unico, invita a un'esplorazione continua, mettendo in luce la capacità della fotografia di reinterpretare la realtà. 

 

Rispondendo alla necessità di riscoprire e valorizzare questa eredità, la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (FIAF) annuncia il primo Festival della Fotografia Italiana, una manifestazione annuale, da giugno a ottobre, dedicata esclusivamente alla nostra cultura iconografica nella sua evoluzione storica e contemporanea, in dialogo con i giovani talenti, il territorio e le sfide dell'intelligenza artificiale.

 

Il Festival della Fotografia Italiana si svolgerà a Bibbiena (AR), Città della Fotografia grazie alla presenza del Centro Italiano della Fotografia d’Autore (CIFA) e della Galleria a Cielo Aperto, vero e proprio museo permanente della fotografia open-air, unico in Italia. Saranno inoltre coinvolti i comuni limitrofi del Casentino, Poppi e Pratovecchio-Stia, nel contesto di un festival che vuole anche porre l'accento sull'esplorazione della relazione tra territorio e fotografia. 

 

L'inaugurazione della prima edizione del Festival della Fotografia Italiana avrà luogo nel weekend del 14-16 giugno. Il programma del weekend di apertura vedrà la presenza di grandi autori della fotografia, critici, giovani talenti emergenti e appassionati. Attraverso mostre, conferenze e laboratori, il festival si propone come un punto di incontro dinamico per scambi culturali e creativi, dando il via a una nuova tradizione nel panorama artistico italiano.

 

La mostra centrale

 

La mostra centrale del festival, intitolata "Fotografia Italiana: mappe, percorsi e linguaggi", a cura di Denis Curti, riunisce i cento autori più significativi dal dopoguerra a oggi, presentando un panorama della fotografia italiana che si distingue per la sua estetica culturale e paesaggistica unica. 

 

Attraverso un percorso espositivo articolato, la mostra si propone di esplorare i temi identitari della fotografia italiana, dimostrando inequivocabilmente che la fotografia italiana non solo esiste, ma ha anche una sua specificità e rilevanza nel panorama mondiale. Il focus temporale della mostra, dal dopoguerra ad oggi, offre uno sguardo approfondito sulla storia recente della fotografia italiana, evidenziando le peculiarità di ciascun autore e il contesto storico-culturale in cui operavano.

 

La selezione dei cento autori rappresenta un tentativo di rileggere la storia della fotografia italiana moderna e contemporanea, offrendo una narrazione ricca di sfumature e prospettive. Tra gli autori presenti figurano Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Guido Harari, Nino Migliori, Paolo Pellegrin, Ferdinando Scianna, Oliviero Toscani e Francesco Zizola. Ogni autore e ogni immagine sono accompagnati da una descrizione accurata, volta a mettere in luce la loro importanza e il loro contributo alla fotografia italiana.

 

Attraverso questa esposizione, si intende proporre un viaggio per immagini che riflette la nostra storia collettiva, stimolando la riflessione critica e il dialogo intorno ai temi fondamentali della fotografia italiana. La mostra non solo offre informazioni, ma invita anche a guardare il mondo da prospettive diverse, incoraggiando una visione critica e consapevole del presente e del futuro della fotografia italiana, confermando il ruolo degli autori italiani come anticipatori del futuro e narratori pertinenti della nostra storia collettiva.

 

Dialogo con gli Autori Contemporanei

 

Il Festival della Fotografia Italiana si propone di creare un ponte tra i grandi maestri e dieci autori contemporanei, selezionati in base al tema dell'anno: "Dalla Terra alla Luna. Esplorazioni sulla Fotografia Italiana." Questo titolo, ispirato al romanzo di fantascienza di Jules Verne del 1865, "Dalla Terra alla Luna," evoca l'immaginazione e la previsione del futuro, concetti fondamentali che hanno plasmato anche la storia della fotografia. 

 

Le dieci mostre degli autori selezionati - Lorenzo Cicconi Massi, Simone Donati, Francesco Faraci, Simona Ghizzoni, Sara Munari, Raffaele Petralla, Edoardo Romagnoli, Stefano Schirato, Ilaria Sagaria, e Valentina Vannicola - raccontano storie uniche e coinvolgenti che spaziano dall'intimità dei paesaggi marginali del Casentino alle oscure visioni futuristiche del Cosmodrome, dalla magia dell'adolescenza in Crisalidi alla trasformazione geologica nel Rêve Géologique. Ogni mostra offre una prospettiva diversa e uno sguardo unico su temi legati all'esplorazione, alla memoria, all'ambiente e alla nostra presenza sul pianeta.

 

Il Festival e i Giovani Talenti della Fotografia

 

Il Festival continua la tradizione della FIAF di promozione della cultura fotografica con un programma speciale dedicato ai giovani autori.

 

Cinque fotografi Under 30, selezionati dalla Call "Nuovi Sguardi", esporranno i loro progetti accanto ai lavori collettivi realizzati da cinque scuole di fotografia italiane.

 

Il Festival ospiterà inoltre la Masterclass Residenziale "Ivano Bolondi", guidata da Simone Donati, dove sei giovani fotografi, in una settimana di residenza artistica, realizzeranno progetti fotografici e audiovisivi esplorando e interpretando il territorio. I lavori risultanti saranno esposti nell'edizione 2025 del Festival, dando ai partecipanti una vetrina per presentare i frutti di questa esperienza formativa unica.

 

Il Festival e la valorizzazione dell’editoria fotografica

 

Il festival si distingue anche per il suo impegno tangibile nel promuovere e valorizzare l'editoria fotografica, un pilastro fondamentale per la diffusione della cultura visiva a livello nazionale e internazionale. Questo impegno si materializza attraverso il lancio del "Premio Editoriale MARIÆ NIVIS 1567", un prestigioso riconoscimento annuale ideato per celebrare e premiare l'eccellenza nel campo della fotografia.

 

Il "Premio Editoriale MARIÆ NIVIS 1567" è dedicato esclusivamente ai libri fotografici di autori italiani, pubblicati da case editrici italiane o europee nei due anni precedenti. La selezione dei dieci finalisti, affidata a una Commissione specializzata, vedrà esposte le opere nel corso del Festival, mentre la cerimonia di premiazione, prevista a settembre, sarà il culmine di un weekend interamente dedicato all'editoria fotografica, arricchito da presentazioni editoriali, talk e letture di fanzine.

 

In parallelo il Festival presenterà anche i risultati della Call “Percorsi”, un'opportunità per opere fotografiche destinate alla pubblicazione in formato libro. Il vincitore e i primi cinque lavori selezionati avranno l'opportunità di essere inclusi nelle mostre ufficiali del Festival, offrendo una vetrina prestigiosa per la loro visibilità e riconoscimento.

 

Il Festival e le nuove frontiere dell'intelligenza artificiale

 

Nel contesto delle sfide poste dall’innovazione tecnologica, il Festival della Fotografia Italiana intende anche esplorare in modo particolare il rapporto tra fotografia e intelligenza artificiale (AI) ed esaminare come queste tecnologie avanzate stiano trasformando le modalità di narrazione visiva e espandendo le possibilità espressive degli artisti.

 

Il festival ha dato il via a questa esplorazione con il lancio della Call "Nuovi Sguardi", una competizione che ha invitato giovani fotografi under 30 a integrare l'intelligenza artificiale nelle loro creazioni fotografiche. Questa iniziativa ha stimolato un vivace dialogo tra tradizione e innovazione, permettendo ai partecipanti di sperimentare e reinterpretare il tema del festival "Dalla Terra alla Luna. Esplorazioni sulla Fotografia Italiana" attraverso l'uso dell'AI. 

 

Inoltre, il festival è orgoglioso di presentare la nuova mostra della fotogiornalista Barbara Zanon, intitolata "Al di là dello Sguardo". 

 

Il progetto rappresenta un esperimento pionieristico nel campo della narrazione visiva, avvalendosi dell'intelligenza artificiale per esplorare storie di viaggi estremi, al di là dei confini spazio-temporali usualmente raggiungibili. La mostra si articola in due fasi: prima segue il percorso dei migranti attraverso il mare, alla ricerca di sicurezza, e successivamente esplora la loro nuova vita sulle coste italiane, presentata attraverso polaroid generate dall'AI. 

 

Queste immagini, non essendo fotografie convenzionali, evocano le realtà vissute dai migranti, offrendo uno sguardo profondo sulla loro esperienza di sofferenza, speranza e amore. Ogni opera solleva interrogativi sulla natura della verità e della percezione in un'era in cui le immagini sono spesso ingannevoli. L'utilizzo innovativo dell'IA trasforma questo strumento in una potente fonte di espressione emotiva e riflessione critica, mettendo in discussione le nostre percezioni e la nostra comprensione del mondo. "Al di là dello sguardo" non è solo un'indagine sulle potenzialità dell'AI, ma anche un invito a riflettere sul futuro incerto plasmato da questa tecnologia e sul nostro rapporto con la realtà visiva e la verità stessa.

 

Ad accompagnare la mostra, il festival ospiterà anche un talk specifico sul ruolo dell'AI nella fotografia contemporanea che vedrà la partecipazione di Barbara Zanon e di altri esperti, approfondirà le implicazioni etiche, tecniche e narrative del suo impiego in fotografia. La discussione sarà un'occasione per esaminare i benefici e le problematiche associate all'AI, sottolineando l'importanza di sviluppare un approccio critico nell'interpretazione delle immagini generate da questa tecnologia e di sensibilizzare il pubblico sulle sue conseguenze potenziali.

 

Mentre l'intelligenza artificiale continua a evolversi, la FIAF si impegna a gestire questi temi in modo responsabile, stimolando un dialogo continuo sul confine sempre più sfumato tra realtà e immaginazione nell'era digitale. Questo impegno dimostra la volontà del festival di restare all'avanguardia nel dibattito contemporaneo sull'arte e la tecnologia.

 

Il territorio in dialogo con il Festival

 

Il Festival della Fotografia Italiana celebra il ricco tessuto culturale e ambientale del Casentino, trasformando ogni angolo di questo territorio in una galleria vivente. Attraverso una serie di esposizioni dislocate in sedi prestigiose e siti di archeologia industriale, da Bibbiena a Poppi e Pratovecchio-Stia, il festival invita a scoprire la storia e la cultura locali aprendo nuove prospettive sulle tradizioni e sull'identità della regione.

 

Proseguendo oltre le esposizioni, la collaborazione con le scuole locali e i progetti fotografici guidati ogni anno da un fotografo professionista diverso mirano a educare, documentare e celebrare il territorio, promuovendo una comprensione più profonda del valore culturale, ambientale e sociale del paesaggio, rendendo il territorio non solo teatro delle opere ma anche protagonista attivo del dialogo artistico. 

 

Questo approccio non solo arricchisce l'esperienza dei visitatori ma rafforza anche il legame tra arte e ambiente, promuovendo una nuova percezione del Casentino. 

 

Il Festival si apre agli “spazi informali”

 

Durante il weekend di inaugurazione del festival, Bibbiena si trasformerà in un teatro a cielo aperto per l'arte fotografica, ospitando "angoli di conversazione estemporanea" in spazi insoliti e invitanti, come i pittoreschi caffè all'aperto della città. Grandi autori come Guido Harari, Maurizio Galimberti, Paola Mattioli, Paolo Ventura e Toni Thorimbert saranno a disposizione per incontrare il pubblico e gli appassionati di fotografia e dialogare sui temi del festival e i progetti autoriali. 

 

In aggiunta, il 15 e 16 giugno, la piazza principale di Bibbiena sarà il palcoscenico delle letture portfolio per la terza tappa di Portfolio Italia – Gran Premio Fowa, il “25° Fotoconfronti”. Le iscrizioni a queste sessioni saranno aperte sul sito della FIAF dal 1° al 13 giugno. I vincitori di questa fase avranno la possibilità di competere per il prestigioso premio finale del circuito. 

 

Queste iniziative dimostrano il forte impegno del festival nel fomentare un dialogo costruttivo tra la fotografia e il contesto locale, integrando attività culturali nei luoghi pubblici e rendendole accessibili a tutti.

 

“Desidero rivolgere un profondo ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile questa straordinaria avventura del Festival della Fotografia Italiana”, ha dichiarato Roberto Rossi, curatore del Festival. “La missione della FIAF, da oltre 75 anni, è sempre stata quella di celebrare e promuovere l'eccezionale eredità fotografica italiana, e questo festival rappresenta un momento culminante di tale impegno. Siamo fieri di offrire una piattaforma per esplorare la ricchezza e la diversità della fotografia italiana, dalle sue radici storiche alle sue sfide contemporanee."

 

FIAF

Fondata nel 1948 a Torino, la FIAF è un'Associazione senza fini di lucro, attenta da sempre alle tendenze e alle istanze culturali della fotografia italiana, che si prefigge lo scopo di divulgare e sostenere la fotografia su tutto il territorio nazionale. In oltre settantacinque anni di storia la FIAF non ha cambiato il suo originale intento e oggi annovera circa 5.000 associati e 500 circoli affiliati, per un totale di oltre 40.000 persone coinvolte nelle attività dell’Associazione, accomunate dalla passione per il mondo della fotografia e a cui fornisce molteplici servizi, dai più pratici mirati al sostegno alle organizzazioni a quelli rivolti alla formazione e alla crescita culturale di ogni singolo associato. www.fiaf.net

 


Regione Lombardia e Isorropia Homegallery presentano la mostra collettiva INTUS 2024 | DELEGAZIONE DI ROMA DI REGIONE LOMBARDIA | Fino al 22 gennaio 2025

Regione Lombardia, Delegazione di Roma, promuove fino al 22 gennaio 2025 la mostra INTUS 2024, in collaborazione con l’associazione culturale Isorropia Homegallery. Il primo progetto espositivo, all’interno della sede istituzionale di Regione Lombardia a Roma riunisce opere di Thomas BerraAndrea MaricontiMonica Mazzone e Silvia Negrini.

 

INTUS 2024, (dal latino: dentro, all’interno), non è solo il nome di una mostra di arte contemporanea, è anche un progetto nato dalla collaborazione tra Regione Lombardia, sede di Roma con Isorropia Homegallery finalizzato apromuovere e supportare giovani artisti italiani, da sempre mission dell’associazione culturale no profit. L’iniziativa fa inoltre parte di un approccio culturale che si sviluppa all’interno di spazi di lavoro, sedi istituzionali come valore aggiunto al vivere quotidiano. Porte aperte all’arte e alla cultura per creare un dialogo multidisciplinare a sostegno della crescita di persone e imprese e con l’obiettivo di rendere fruibili a un vasto pubblico di visitatori, spazi solitamente chiusi o privati.

 

Con questa iniziativa, la Giunta lombarda intende promuovere la propria identità e la propria vision con un approccio inclusivo e partecipativo. “L’attenzione per le giovani generazioni, che rappresentano il futuro del nostro territorio e dell’intero Paese, si esprime nella scelta di puntare sulla genialità creativa di quattro emergenti artisti lombardi con la convinzione che una delle sfide principali di ogni tempo sia l’educazione alla bellezza – afferma il Presidente di Regione Lombardia - E, in questo senso, è suggestivo pensare che c’è anche un filo che - attraverso i secoli - lega la sede romana di Regione Lombardia a uno dei luoghi in cui Sant’Ignazio di Loyola insegnava ai ragazzi, facendo loro scoprire quell’intelligenza emotiva, che è alla base anche di ogni esperienza artistica”.


In mostra una ventina di opere dei quattro artisti disseminate all’interno della sede istituzionale di Regione Lombardia a Roma, in un dialogo intenso e suggestivo. 

 

Thomas Berra lavora con la pittura a partire dalla tecnica tradizionale del dipinto su carta o su tela di grande e piccolo formato, per poi espandersi su supporti diversi come tende o pareti, realizzando opere dal carattere onirico e immersivo. Il punto di partenza della sua attuale pratica artistica è una ricerca sul mondo vegetale sviluppata nel ciclo Elogio delle Vagabonde (2015-ongoing): traendo ispirazione dall'omonimo saggio del paesaggista e filosofo francese Gilles Clement, il suo lavoro si traduce in una sorta di apologia delle “erbacce” che punta a ridare dignità a queste piante perennemente escluse dalla botanica e dalle arti più nobili. Il mondo vegetale diventa lo scenario di paesaggi mistici, animati da soggetti che sembrano provenire da un mondo fiabesco e incantato in cui l'uomo è tutt'uno con la natura, in un senso di perfetta comunione: insieme a personaggi appena accennati, figure sottili ed enigmatiche, che sembrano appartenere ad un mondo incantato e atemporale, le piante infestanti conquistano le superfici, contribuendo a creare un immaginario personale e intimo che rimane sospeso. Il sogno - di felliniana memoria - è un elemento fondamentale del lavoro dell’artista, e forte è il richiamo a Il Libro dei Sogni del grande regista da cui ha attinto, rendendo labile il confine fra realtà e immaginazione.

 

La ricerca di Andrea Mariconti si basa prevalentemente su un approccio inclusivo di tutta la Storia dell'Arte e dell'esplorazione di interferenze percettive. Lavora con materiali naturali di origine minerale (grafite – rame - bronzo) vegetale (fitolacca – carbone – cenere – carta ganpi - petrolio), da cui ricava colori e tinte intense e velate. L’artista ha studiato e approfondito negli anni, oltre ad una ricerca pittorica che lo inserisce saldamente nel panorama dell'arte contemporanea, una ricerca espressiva in ambito scultoreo che si fonda sull'esplorazione delle potenzialità del bronzo a cera persa, tecnica antichissima che svolge un ruolo primario nell'evoluzione della civiltà umana.



Monica Mazzone porta in mostra le sue “configurazioni architettoniche emozionali”, proponendo la geometria come principio guida dell’atto creativo. La geometria emotiva, così Mazzone chiama tutta la sua ricerca, è un percorso di misurazione empirica degli stati emotivi, un discorso aperto e appassionato di conoscenza del mondo. Un percorso artistico fondato sull'idea di poter percepire ed esprimere visivamente l'ossessione per la perfezione, indagando temi esistenziali come la questione dell'identità, la capacità di espressione individuale e il rapporto tra sé e la realtà. Il corpus di opere indaga il significato delle entità che siamo soliti chiamare dimensioni che mappano lo spazio che circonda l’essere umano e lo contiene con l'intento di razionalizzare le sue emozioni e renderle comunicabili.



Silvia Negrini utilizza un linguaggio minimalista che descrive paesaggi, interni o luoghi isolati e desolati, attraverso tavole o tele spesso di grandi dimensioni. Sono fondali immobili che attendono il passaggio di qualcuno o che restituiscono un evento appena accaduto. Le campiture sono volutamente piatte, la resa costruttiva è formale, sintetica, rigorosa e schematica, nessun elemento decorativo è ammesso, scenari antiretorici la cui sfida è riuscire a descrivere un'atmosfera precisa con il minor numero di elementi possibile e con un quantitativo limitato di toni.  Gli oggetti raffigurati si presentano come un gioco ambiguo di rappresentazione astratta, costruita attraverso forme stereotipate, cambi improvvisi di tinta, effetti di ombre e luci, leggi fisiche proprie: unici dati dai quali è possibile intuire il contesto.






Angelo Dozio - Pralina N° 96. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

Volodymyr Kuznetsov: Small Fiat 126p

giovedì 30 maggio 2024

Ruben Ochoa: Cores and Cutouts

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mercoledì 29 maggio 2024

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Haresh Lalvani at Design Miami 2011

Lecce, Fondazione Biscozzi – Rimbaud | Ciclo di incontri “Le Storie dell’Arte. Il Novecento” | ottavo appuntamento: 31 maggio 2024, “Artisti e ricerche in Terra d’Otranto tra Otto e Novecento”, a cura di Brizia Minerva – PugliaLive – Quotidiano di informazione on line

Lecce, Fondazione Biscozzi – Rimbaud | Ciclo di incontri “Le Storie dell’Arte. Il Novecento” | ottavo appuntamento: 31 maggio 2024, “Artisti e ricerche in Terra d’Otranto tra Otto e Novecento”, a cura di Brizia Minerva – PugliaLive – Quotidiano di informazione on line

Il postfotografico. Dal selfie alla fotogrammetria digitale di Barbara Grespi e Federica Villa (Einaudi)

La fotografia della seconda, o terza, rivoluzione digitale è un magma che si espande in modo incontrollabile. Ancora non abbiamo chiaro cosa significhi usare il cellulare come macchina fotografica, confezionare le immagini per i social, produrre quell’enorme massa di scatti che si riversano ogni giorno in Internet divenendo parte di giganteschi database, che già algoritmi e intelligenza artificiale hanno cambiato il codice genetico dell’atto fotografico. Come affrontare la rivoluzione in atto? Quali strumenti servono per analizzare il fenomeno, e in che misura la teoria della fotografia può ancora soccorrerci? Il postfotografico – come concetto inclusivo che fa da ponte tra tutte le fasi della fotografia digitale – richiede una messa a fuoco a più livelli. Come diversa tecnica della luce, diverso gesto, diversa politica e scienza del visibile. Una differenza che non è novità assoluta ma piuttosto il riaffiorare di un’idea originaria di fotografia, lasciata ai margini per gran parte del Novecento. I quindici saggi qui contenuti ne approfondiscono ciascuno un aspetto, tra passato e futuro: la fotografia come metodo di tracciamento, raccolta di luce non visibile, tecnica di misurazione del Sé e del mondo, nodo di connessioni, oggetto paradossale che non è più obbligatoriamente visto, ma nondimeno presente, e ancora capace di permettere una partecipazione allargata al mondo.