T.A.Z. Weblog Party

un nuovo "territorio mentale", che elude le normali strutture di controllo sociale

giovedì 14 marzo 2024

I CCCP - FEDELI ALLA LINEA A MELPIGNANO PER IL SEI FESTIVAL DI COOLCLUB

 Dopo una lunga attesa arriva l’annuncio ufficiale: venerdì 9 agosto (ore 21:30 – ingresso 43 euro + dp) nell’arena del Palazzo Marchesale in Piazza Antonio Avantaggiato a Melpignano, la diciottesima edizione del SEI Festival di CoolClub ospita l’imperdibile ritorno dei CCCP - Fedeli alla linea. Dopo l’essersi ritrovati e la conseguente mostra “Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla linea 1984-2024” nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia, dopo il “Gran Gala Punkettone di parole e immagini” al Teatro Romolo Valli, le tre date sold out all’Astra Kulturhaus di Berlino con il concerto “CCCP in DDDR” e l’uscita dell’album live inedito “Altro che nuovo nuovo”, la band torna sulle scene live in Italia con il tour In Fedeltà la Linea C’è. A 40 anni dal primo EP, “Ortodossia”, Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur, accompagnati dalla band composta da Luca Alfonso Rossi, Ezio Bonicelli, Simone Filippi, Simone Beneventi e Gabriele Genta, saliranno sul palco dei principali festival italiani. E tra le undici tappe di uno della tournée più attesa dell’estate non poteva mancare assolutamente Melpignano, comune grico al quale la band è profondamente legata per l’incredibile storia del tour in Unione Sovietica raccontata nel recente film “Kissing Gorbaciov” di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife. Ben lontani da un’operazione nostalgica, sempre liberi da etichette e confini, i CCCP – Fedeli alla linea tornano a grande richiesta per parlare al mondo di oggi, in una serie di live tra il sacro e il profano dove lo slogan “Produci, consuma, crepa” risuona attuale come non mai. Un successo, il loro, plasmato dalla capacità di rendere iconica ogni azione, lasciando un’impronta indelebile nell’immaginario di più generazioni.


Le prevendite del concerto di venerdì 9 agosto, organizzato dal Sei Festival in collaborazione con A Melpignano – Meridiano Salento di Razmataz Live Comune di Melpignano, saranno disponibili dalle 18:00 di giovedì 14 marzo in esclusiva su ticketmaster.it e dalle 18:00 di venerdì 15 marzo anche su dice.fm ticketone.it. Per tutta l’estate il festival ideato, prodotto e promosso da Coolclub, realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Puglia con il supporto di Vini Garofano e in collaborazione con numerose realtà pubbliche e private, proporrà in giro per il Salento il suo viaggio musicale con il claim “Perdersi per ritrovarsi”.

Il tour dei CCCP - Fedeli alla linea, ideato e curato in collaborazione con Musiche Metropolitane di Luca Zannotti (qui info e biglietti), prenderà il via il 21 maggio in Piazza Maggiore a Bologna, proseguirà al Circolo Magnolia di Milano, per un’anteprima del Mi Ami Festival (23 maggio), all’Ippodromo delle Capannelle di Roma per Rock in Roma (13 giugno), Collegno, in provincia di Torino, per Flowers Festival (27 giugno), al Barton Park di Perugia per Moon in June (28 giugno), a Villa Bellini di Catania per Summer Fest (4 luglio), a Villa Ca' Cornaro di Romano D’Ezzelino, in provincia di Vicenza, per Ama Festival  (12 luglio), a Servigliano, in provincia di Fermo per NoSound Fest (21 luglio), al Parco Mediceo di Pratolino di Firenze per Musart Festival (26 luglio) e nell’Anfiteatro Ivan Graziani di Alghero per Festival Abbabula (3 agosto).

Info
3331803375 - www.seifestival.it
Facebook - Instagram @SeiFestival

#seifestival #PerdersiPerRitrovarsi




(foto Guido Harari )



Janis Avotins at Kunstresidenz Bad Gastein 2012

mercoledì 13 marzo 2024

A.MORE gallery | CORPI IN ATTESA. Mostra personale di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico | Fino al 31 maggio 2024 - Via A.Massena, 19 Milano

A.MORE gallery presenta fino al 31 maggio 2024 CORPI IN ATTESA, mostra personale di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico. L’esposizione, nella sede della galleria in Via A. Massena 19 a Milano, presenta una nuova serie di lavori che l’artista romano, meneghino d'adozione, ha realizzato negli ultimi anni e che vengono esposti per la prima volta.

 

La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia visiva di Aldo Salucci, che per questo nuovo corposo ciclo di opere ha come punto di partenza la biologia e l'anatomia umana. L’artista ha realizzato le opere grazie all'utilizzo del microscopio elettronico e servendosi di materiali e reagenti chimici, particolarmente colorati, ha realizzato delle opere dogmatiche, figure indistinguibili, che solo se osservate attentamente riportano alla mente delle neoplasie e delle cellule tumorali. Aldo Salucci “porta in scena” una delle più grandi paure che l’uomo ha con l’obiettivo di esortare il visitatore a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare ogni fonte di dolore. Un’esortazione ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti dell’unicità di ogni essere umano. 

 

La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia visiva di Aldo Salucci, che per questo nuovo corposo ciclo di opere ha come punto di partenza la biologia e l'anatomia umana. L’artista ha realizzato le opere grazie all'utilizzo del microscopio elettronico e servendosi di materiali e reagenti chimici, particolarmente colorati, ha realizzato delle opere dogmatiche, figure indistinguibili, che solo se osservate attentamente riportano alla mente delle neoplasie e delle cellule tumorali. Aldo Salucci “porta in scena” una delle più grandi paure che l’uomo ha con l’obiettivo di esortare il visitatore a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare ogni fonte di dolore. Un’esortazione ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti dell’unicità di ogni essere umano. 


"Le opere, si prefiggono l'obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento. Questo nuovo impulso sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l'accento sull'onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in tutta la sua trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē – afferma il curatore della mostra Domenico de Chirico - Assecondando una personalissima visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com'è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia corporea sia trascendentale. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità”.

 

In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno stile semplice, vivace e immediato. L’artista utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori accesi. Nelle opere troviamo ferite e lacerazioni che Aldo Salucci ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi ("riparare con l'oro”), utilizzata dai ceramisti per riparare tazze per la cerimonia del tè. Questa pratica nasce infatti dall'idea che dall'imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore. “Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente” - afferma il curatore. 


Aldo Salucci, anche in questo progetto utilizza la fotografia non come scopo finale della sua arte, ma come mezzo che gli permette di creare opere di tecniche miste che spingano il visitatore a riflettere, a interrogarsi. Opere che possano spronare l’uomo a accettare le proprie cicatrici e da quelle trovare nuova forza e speranza per affrontare quello che lo può attendere. Una selezione del nuovo ciclo di fotografie di Aldo Salucci verrà esposto nello stand che A.MORE gallery presenterà quest’anno a MIA Photo Fair (11-14 aprile 2024 ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI).


CALENDARIO EVENTI:

 

25 marzo 2024 ore 17.30

De Nittis - Nadar - Rosa Genoni

Elisabetta Invernici dialoga con Roberto Mutti

Per l'occasione visita guidata alla mostra CORPI IN ATTESA di Aldo Salucci

A.MORE Gallery - Via A. Massena 19 Milano

Ingresso libero. Rsvp: evicom@tiscali.it

 

MIA PHOTO FAIR 2024

ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI | Via Gattamelata, 13 Milano

A.MORE Gallery sarà presente allo Stand  E007 con opere di Aldo Salucci e Alessandra La Marca

10 aprile ore 13.00: Conferenza stampa (accredito con ufficio stampa di MIA PHOTO FAIR)

10 aprile dalle 17.00 alle 20.00: Preview (solo su invito)

Orari di apertura MIA PHOTO FAIR dall’11 al 14 aprile 2024 | dalle 12.00 alle 20.30

BIGLIETTI ACQUISTABILI SU: MAILTICKET



Aldo Salucci, nato a Roma, attualmente vive e lavora nella città di Milano. Si appassiona al disegno e alla sperimentazione dell’uso dei colori fin dall’infanzia. Resta affascinato dal potere della fotografia e da un meticoloso lavoro di post-produzione digitale che gli permette di creare un nuovo forte mezzo di comunicazione che risulta spontaneo e libero da ogni regola. La fotografia è il mezzo che gli permette di creare opere d’arte di tecniche miste. Tra le mostre personali si ricorda: On the nature of things, A.MORE gallery, Milano (2021); Dystopia, Galleria Statuto 13, Milano (2018); Mud, Galleria Statuto 13, Milano (2017); Aquaticus, Galleria Statuto 13, Milano (2016). Ha inoltre partecipato a diverse Fiere d’arte tra cui: Unfair (2023), The Others (2023), Wopart (2022), Investec (2022), Art Verona (2021), SWAB (2021) e MIA Photo Fair (2021 e 2019).

www.aldosalucci.com

 

A.MORE gallery è stata fondata a settembre 2020 in Via Massena 19, nel cuore di Milano, vicino l'Arco della Pace. La galleria si occupa di arte contemporanea e promuove le opere di artisti nazionali e internazionali. La sua missione è quella di offrire e presentare, attraverso una ricerca apporfondita, artisti e opere d’arte potenti e di grande impatto che possano incuriosire amanti dell’arte e collezionisti. L’obiettivo è infatti quello di mostrare nuove prospettive nell’ambito dell’arte contemporanea e proporre solidi investimenti per il futuro.

www.a-more.gallery







Van Gogh (Edizione Illustrata) a cura di Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti (Skira)

 Un nucleo significativo di opere provenienti dal prestigioso Kröller- Muller Museum di Otterlo (che possiede una delle collezioni più complete del grande artista), arricchito dalle due straordinarie tele di Van Gogh della Galleria Nazionale di Roma (L'Arlesiana, da Gauguin, e Il Giardiniere, noto anche con il titolo di Contadino) offre un'occasione straordinaria per ripercorrere l'opera di questo straordinario maestro che ha saputo contrapporre al dolore e al profondo disagio interiore il coraggio e la forza del suo linguaggio artistico, davvero unico e inconfondibile nella sua tormentata espressività. Vincent van Gogh, il pittore maledetto che identifica completamente la sua arte con la sua vita, vivendo l'una e l'altra con profonda drammaticità. Un genio immortale, una delle figure più ammirate della storia dell'arte ma anche una tra le più tormentate. L'artista che muore solo e disperato, per essere glorificato solo dopo la morte. Il volume documenta l'intero percorso del pittore olandese seguendo un filo conduttore cronologico che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita. I grandi capolavori dell'artista sono affiancati da un nutrito numero di disegni perché, come scriveva lo stesso Van Gogh, "Il disegno è l'origine di tutto" e nessuna esplorazione della vita e dell'opera di questo artista sarebbe completa senza uno sguardo ai suoi molti, incredibili disegni, tutt'altro che meri strumenti per la preparazione di più ambiziose opere su tela. Come diceva lui stesso, disegnare vuol dire "lavorare attraverso un invisibile muro di ferro che sembra separare ciò che si sente da ciò che si è in grado di fare. È necessario indebolire questo muro, erodendolo a poco a poco con costanza e pazienza".




Barbara Nahmad - Pralina N° 29. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

Paco Minuesa - Pralina N° 28. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

Markus Proschek at Kunstresidenz Bad Gastein

martedì 12 marzo 2024

I BAMBINI PALESTINESI DISEGNANO IL FUTURO: “LIBERANDO L’IMMAGINAZIONE: PALESTINA 2023-2048”

Bologna, 12 marzo 2024 – È possibile immaginare un futuro in mezzo alle macerie della guerra? Come possono gli occhi di un bambino elaborare l’orrore, la perdita, la morte e continuare a nutrire una speranza per un domani migliore? Domande cui tenta di rispondere “Liberando l’immaginazione: Palestina 2023-2048”, che inaugura giovedì 14 marzo alle 18.30 negli spazi di Nassau (via de’ Griffoni 5/2) a Bologna. La mostra nasce dal lavoro di Jeremy Lester - per 30 anni professore in Inghilterra di Filosofia e Scienze Politiche e autore di numerosi saggi, oggi residente tra Bologna e Parigi – nel campo profughi Dheisheh alla periferia di Betlemme, tra dicembre 2023 e gennaio 2024. Durante il periodo trascorso nel campo, Lester ha elaborato un progetto artistico/politico di arte terapia con un gruppo di bambini e adolescenti con l’obiettivo di cercare di liberare la loro immaginazione dal pantano degli incubi di cui soffrono, a causa delle frequenti incursioni dell’esercito israeliano nel campo e delle condizioni di vita quotidiana che devono affrontare.

 
Il risultato è la mostra oggi ospitata a Bologna, composta da due quadri per ciascun piccolo autore e autriceil primo mira a rappresentare le vite e la loro condizione oggiper il secondo disegno, invece, sono stati incoraggiati a rappresentare le loro speranze e sogni per una vita migliore nel futuro, per sé e per i propri figli. 2048 la data immaginata, cioè 100 anni dopo la Nakba: inevitabilmente tutte le rappresentazioni dell’oggi mostrano qualcosa di molto negativo.
 
La mostra vuole riportare l’attenzione sul dramma che stanno vivendo i bambini e le bambine palestinesi, che più di altri stanno subendo l'orrore del massacro di un popolo allo stremo. Ma vuole anche porre delle domande: quale futuro li attende? In che mondo sono destinati a vivere? E come vivranno, ammesso e non concesso che vivranno? E in che mondo tutti noi siamo destinati a vivere?
 
Non è stata casuale la scelta di Nassau, spazio underground gestito da un gruppo di giovani ragazzi e ragazze: “negli anni Settanta qui frequentavamo il circolo anarchico “La Talpa”, che poi nel ’78/’79 diventò il Punkreas Live Club” racconta Beppe Bottaro, che fa parte del gruppo di privati cittadini e cittadine che hanno sostenuto a loro spese i costi della mostra per informare e sensibilizzare sul dramma del conflitto, e per portare l’attenzione sul numero impressionante e intollerabile di bambini palestinesi uccisi nella Striscia dall’esercito israeliano. “Questa mostra è dedicata all’immaginazione del futuro dei ragazzini e delle ragazzine che vivono nei luoghi e nei giorni di quello che non esitiamo a definire un genocidio. Il colore dell’aria è oggi molto più fosco, ma ci occorrono dei luoghi nei quali immaginare il domani in maniera meno tetra di come ci propone la realtà del potere che devasta il pianeta e ci trascina nell’orrore della guerra”.
“Liberare l’immaginazione: Palestina 2023-2048” sarà visibile fino all’11 aprile: dopo la tappa bolognese la mostra sarà portata all’estero, in Scozia, Turchia, Grecia e Francia.
Per informazioni e visite di gruppo è possibile inviare una mail all’indirizzo nassauets@gmail.com.
 
Nassau è uno spazio aperto per concerti, laboratori, mostre ed eventi culturali. Un posto dove cercare rifugio. Libero da schiavitù, da ogni forma di discriminazione. Un’isola strategica, il posto giusto, lasciato vuoto tra le rotte momentaneamente abbandonate dalle flotte reali. Un porto. Dove attraccare, prendersi un tempo per riparare la nave in cantiere, o migliorarla e poter ripartire dopo il giusto ristoro nelle locande, nei bar. Dove trovare facilmente compagnia, un buon rum, le storie e i racconti delle mille avventure delle donne, degli uomini, di quel gruppo di persone che si cantarono liberi, e si dichiararono tali. Una storia, che mentre la fai o la nomini la stai già scrivendo. E sorridi alle compagne e ai compagni di viaggio, ai lasciti delle rotte passate e al viaggio che sta per iniziare.





Abitare la ferita di Valentina Casadei Collana FUOCHI diretta da Ottavio Rossani (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)

 Nuova pubblicazione di rilievo internazionale per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno per la collana FUOCHI diretta da Ottavio Rossani. Si tratta di un progetto editoriale, quello appunto della collana FUOCHI, che prevede poche uscite annuali, e verte fondamentalmente sull’individuazione di quelle voci poetiche italiane, che secondo Rossani generano, mantengono e comunicano un “fuoco” di forza stilistica, formale e metrica in grado di incendiare gli animi del lettore. 

“Abitare la ferita” è una sequenza di testi lievi, ma dolorosi. Il dato di fatto è che l’amore muore. È “lui” che non funziona più, che si allontana. Lei non sopporta la sofferenza. Non l’accetta. E il tentativo di spiegarla non la conforta. Deve elaborare la separazione, deve curare la ferita. Il corpo reagisce rifiutando la realtà. Sembra impossibile poter continuare a vivere, recuperare tutto ciò che manca nel vuoto della distanza. Non può non ripensare (ricordare, interrogare) al deterioramento del legame: “più mi avvicinavo, più ti allontanavi”. Sul corpo e nella mente, fisicamente e ariosamente, si addensano ira, delusione, sfiducia nell’immaginare un nuovo percorso di vita e d’amore. Eppure, lentamente, diremmo naturalmente, qualcosa si muove, le ipotesi di risveglio dall’apatia si moltiplicano. “Non sono solo io ad aver perso un amore, un amico”. I segnali sono discontinui: i sogni ricominciano a regalare immagini nuove, le parole pensate aiutano a ridurre i contorni della ferita (anche se lei, sente “assottigliarsi la pelle che circonda la ferita”), mentre ancora identifica luoghi, persone, cose che appartengono a un passato che non vuol passare. Tuttavia tutto progressivamente si sfuoca. Nessuno può spiegare perché finisce l’amore. Non c’è un momento preciso in cui si può identificare la caduta; non c’è un percorso canonico di salvezza o di recupero del rapporto “strappato”. C’è solo il presente inesorabile. Il dolore è troppo grande per poter razionalizzare l’accaduto. Solo il tempo, o l’allontanamento dai luoghi in cui la vicenda si è rotta, può lenire lo “strazio”. Lei si domanda: sono io a non aver capito nulla, a non aver saputo intuire le debolezze e agire per rafforzare il rapporto, il dialogo, la tenerezza. I ricordi del suo profumo, del suo modo di muoversi, dell’inadeguatezza dei suoi comportamenti (senza rimedio quell’arrivare sempre in ritardo), servono ben poco per cercare un chiarimento (surreale, impossibile). Dunque, tutto è accaduto perché doveva accadere. Lentamente lei, donna ferita, ma ansiosa di trovare un nuovo orizzonte ricostruttivo (“uno straccio di sopravvivenza”), comincia a ipotizzare, desiderare, un’uscita dall’autocommiserazione: “… il mio nuovo voto/ ritornare a possedere il cielo”. I versi sono puliti, il ritmo è coerente alla discontinuità del sentimento, la lingua è libera da controsensi, spesso la linearità si esprime in versi più lunghi degli altri. La scrittura è asimmetrica, ma coerente agli scompensi da ricomporre. Riparte la sua “rivoluzione” proprio con i versi, e se anche ci sono molti “nodi da slegare”, troverà “la parola che non ti appartiene e che mi salverà”. La salvezza è una nuova lingua, che indica il nuovo modo di intuire il proprio essere. (dalla prefazione di Ottavio Rossani)

In copertina: Ottavio Rossani

La donna del sogno - (particolare)

acrilico su tela, 2000 - cm. 50 x 70

 

Valentina Casadei è una sceneggiatrice, autrice e regista italiana. Diplomata in storia del cinema al Dams di Bologna e in sceneggiatura all’Eicar di Parigi, ha scritto e diretto due cortometraggi, "Giusto il Tempo per una Sigaretta” (Italia, 2020). e “Ronde Nocturne” (Francia, 2024). Sue poesie e racconti brevi sono apparsi su varie riviste letterarie italiane cartacee e online. Ha pubblicato cinque raccolte di poesie: "Tormento Fragile" (Bertoni, 2018), "Il Passo dell'Inerzia" (SaMa, 2020), "Uno Più Uno Fa Uno" (Ensemble, 2020) e in Francia, “Plainte Contre A”(Maintien de la Reine, 2023) e “Habiter la Blessure” (Éditions du Cygne, 2023). Ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Carver nel 2022. Attualmente insegna sceneggiatura all’Eicar, è lettrice di sceneggiature per il CNC e sta sviluppando il suo primo lungometraggio, “L’Enfant Seul”, iniziato all’Atelier Scénario della Fémis di Parigi. “Abitare la ferita” è la sua sesta raccolta. Queste poesie non sono altro che un piccolo tentativo di rinascere dalle ceneri. Quando lo strappo di una rottura guasta, sboccia un sorprendente bisogno di riparazione e ricostruzione, che spesso comincia dal potere salvifico che risiede nella condivisione: di questi testi, per esempio.

Info

Collana Fuochi diretta da Ottavio Rossani

https://collanafuochidirettadaottaviorossani.blogspot.com/

Abitare la ferita di Valentina Casadei

https://iqdbcasaeditrice.blogspot.com/2024/02/abitare-la-ferita-di-valentina-casadei.html

Valentina Casadei​

Scénariste / Réalisatrice / Auteure

www.valentinacasadei.com


2024-03-11 FIRENZE - UNA MOSTRA FA DIALOGARE ARTISTI CINESI ED EUROPEI

Startè, mostra di Paolo Manazza 11-03-2024

9 • Arte contemporanea, i Musei di San Paolo del Brasile

Luciano Minguzzi - Pralina N° 27. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli

Pe Lang at ZERO1 Biennial 2012

domenica 10 marzo 2024

Sensing Place: Exhibition at House of Electronic Arts Basel

A3 il formato dell'arte | Carla Accardi e le artiste a Roma nel primo Novecento | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound

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Collegno: un'opera d'arte per il MAD.Co, Museo di Arte Diffusa • L'Agenda

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L'intelligenza artificiale e l'arte senza fine | Il Bo Live UniPD

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I 100 anni di Mina Gregori, decana delle storiche dell'arte

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Nino Migliori, la sperimentazione è la cifra della sua arte

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L'arte è davvero finita di Yves Michaud (Mimesis)

 Nell’ultimo mezzo secolo il campo delle arti visive ha assistito alla progressiva scomparsa delle opere tradizionalmente intese - quadri e sculture - e a un contestuale affermarsi delle installazioni e degli ambienti estetici, in grado di avvolgere lo spettatore in un’esperienza multisensoriale. Dopo aver colto questo fenomeno di “vaporizzazione” nel saggio L’arte allo stato gassoso, Yves Michaud torna a farsi grande interprete del mondo dell’arte contemporanea descrivendone una seconda decisiva evoluzione: il suo assoggettamento al regime iper-estetico odierno. Operazioni di estetizzazione sempre più capillari e pervasive plasmano ogni ambito del vivere quotidiano, in cui qualunque cosa risponde ormai all’imperativo di essere attraente e piacevole. Da frontale, l’esperienza estetica diventa atmosferica e la sensibilità del soggetto si fa diffusa e ipertrofica. In un contesto simile, quale spazio rimane alla Grande Arte? La risposta è decisa e il giudizio inappellabile: nessuno. L’arte è davvero finita.




sabato 9 marzo 2024

La Casa Editrice “I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno” è lieta di annunciarvi la pubblicazione del libro di Donato Di Poce: STREET ART Vandali o Artisti?

 STREET ART Vandali o Artisti? La Street Art, nata come fenomeno di controcultura negli anni ’70 nelle metropoli americane, ha conosciuto negli ultimi decenni un’evoluzione straordinaria, affermandosi come una forma d’arte a sé stante e conquistando la ribalta internazionale. L’eterogeneità di tecniche e linguaggi rappresenta uno dei tratti distintivi della Street Art. Graffiti, murales, stencil, sticker art, installazioni e performance sono solo alcune delle modalità espressive utilizzate dagli artisti per comunicare con il pubblico. Le opere di Street Art affrontano una varietà di temi, spaziando dalla critica sociale e politica alla denuncia di ingiustizie e disparità, fino all’esaltazione della bellezza e della cultura locale. La natura effimera e spesso trasversale di questa forma d’arte conferisce alle opere una carica dirompente e un forte potere dirompente. La Street Art ha ormai travalicato i confini delle metropoli, approdando in quartieri residenziali, gallerie d’arte e musei. Istituzioni e privati iniziano a riconoscere il valore di questa forma d’arte, commissionando opere a street artist di fama internazionale. Essa dialoga con lo spazio urbano, integrandosi con l’architettura e il tessuto sociale del quartiere riuscendo a riqualificare aree degradate, donando nuova vita a spazi anonimi e creando un senso di appartenenza nella comunità.

L’Italia vanta una scena di Street Art vivace e in continua evoluzione. Da Banksy a Keith Haring, passando per Shepard Fairey e Blu, numerosi artisti di fama internazionale hanno lasciato il loro segno nel nostro paese.

 

Non solo Murales:

Donato Di Poce con questo suo nuovo lavoro, fornisce una visione più ampia e completa del concetto di Street Art che non è solo Murales. Per suo statuto genetico è fatta di ulteriori esperienze visive e creative, che per i più sembreranno marginali e invisibili, ma che in realtà, completano la visione dell’Arte di Strada, spesso irregolare, invisibile, ma che quando ci viene rivelata acquista grande interesse e valori simbolici ed estetici. Molte delle foto inserite in questo volume dimostrano con chiarezza esemplare, come spesso delle ombre sui muri, o dei riflessi sui vetri delle città, o delle macchie d’acqua o olio per terra, o tracce di manifesti strappati dalle intemperie o dall’uomo, formino delle vere e proprie icone espressive di grande impatto emozionale e simbolico.

 

Guardare non è vedere:

Impronte e segni verbo-visivi, contaminazioni e nuove visioni che arricchiscono il nostro alfabeto visivo e che spesso ci insegnano che l’arte si nasconde proprio nell’occhio e nel cuore di chi guarda (distratti da superficialità o dal bombardamento iconico dei media e della pubblicità) e che non basta guardare, ma l’amore e l’orizzonte visivo si ampliano solo se impariamo a vedere. (Guardare non è vedere).

 

La bellezza è ovunque:

Queste immagini ci ricordano che La bellezza è ovunque e intorno a noi e che se anche sempre più spesso gli Artisti famosi della Street Art, vengono fagocitati e assorbiti dal sistema dell’Arte e dei musei, la strada resta nostro territorio in cui vedere ed esercitare bellezza e arte in maniera libera e creativa, ci ricordano che spesso l’arte e la poesia si nascondono in un Sogno strappato, in una scritta su un muro un’ombra che ci passa accanto, in un bagliore improvviso e provvisorio che si asciuga al sole dell’anima, nella visione di uno specchio girevole, o in una figura angelica accartocciata tra i rami dopo un nubifragio, e persino in un manichino che richiede la tua attenzione o in un ex poeta cha parla con una donna disegnata sul muro.







Museum of Contemporary Art MOCA Los Angeles Exhibitions, Frieze LA Art Week pt2 ArtEXB Magazine

Cyborg Chronicles. Manel De Aguas

Interview with artist Asli Cavusoglu at Frieze Art Fair 2012

giovedì 7 marzo 2024

Le migrazioni del cuore. Variazioni di un'immagine tra devozione e «street art» di Giuliano Zanchi (EDB)

 Le avventure di un'immagine religiosa che sconfina nella pubblicità, nell'arte contemporanea, nel cinema e nei graffiti. Dopo accesi dibattiti, verso la fine del Settecento si afferma una particolare devozione al Sacro Cuore di Gesù. Accolta con vigilante perplessità dal rigore delle teologie e dai timori delle gerarchie, essa diviene in poco tempo l'emblema di un sentire cattolico alquanto ferito dall'avanzare della cultura illuministica e sempre più distante dall'intellettualismo teologico. La devozione si diffonde attraverso una fortunata pianificazione di immagini che diventano presto icone stesse di una religiosità affettiva e popolare. La rappresentazione del Sacro Cuore finisce così per identificare il cattolicesimo come tale, ma il tema che essa custodisce supera i confini religiosi entrando nell'immaginario di insospettabili perimetri espressivi, dalla comunicazione pubblicitaria all'arte contemporanea, dal cinema all'arte di strada. Ogni volta per difendere le ragioni del cuore in un mondo che senza cuore perde anche la ragione.




"Deep Blossom" - Per la prima volta a Roma i fiori del maestro tedesco della fotografia Ingar Krauss. E' solo un fiore?

Roma, 22 febbraio 2024 -  Gaggenau e Cramum presentano nello spazio Gaggenau DesignElementi Roma dal 22 febbraio al 24 luglio "DEEP BLOSSOM - È solo un fiore?", una straordinaria esposizione curata da Sabino Maria Frassà, dedicata alle celebri "fotografie velate a olio" di Ingar Krauss. Questo evento unico rappresenta la prima mostra personale dedicata nella capitale al Maestro della fotografia tedesco, che fa ritorno a Roma a dieci anni dalla sua partecipazione alla grande collettiva del XIII Festival internazionale della fotografia presso il Museo Macro.

Con "DEEP BLOSSOM" lo storico brand di lusso Gaggenau offre al pubblico l'opportunità di immergersi nelle nature morte che hanno reso celebre Krauss a livello internazionale. Le opere esposte, scatti analogici stampati in bianco e nero, sono trattate con l'antica tecnica fiamminga della velatura a olio e sono custodite in teche lignee create dallo stesso artista. Il risultato è un'immagine a colori tridimensionale, quasi scultorea, ma al contempo eterea, che non può che incantare lo spettatore, invitandolo a riscoprire con meraviglia ciò che lo circonda: i protagonisti del sogno catturato da Krauss sono semplici fiori provenienti dal giardino della sua casa in campagna al confine con la Polonia, diventata il rifugio dell'artista dopo il clamore del successo del Leica Prix vinto nel 2004.

Nel cuore di Roma, il programma culturale promosso da Gaggenau e Cramum continua a esplorare la bellezza intrinseca nella materia raccontata dai più innovativi artisti al mondo. Le immagini essenziali, raffinate e sospese di Krauss si integrano armoniosamente con gli elementi minimali di design di Gaggenau, trasformando lo spazio in un'oasi di serenità al di là del tempo e del rumore urbano.

 

Ingar Krauss, fotografo autodidatta nato nella Berlino Est, continua a sorprendere con la potenza e l'intensità delle sue immagini. Il percorso espositivo "Deep Blossom" pone al centro la luce, utilizzando i fiori come pretesto per esplorare la complessità e la “profondità” della realtà circostante, enfatizzata da una luce sempre radente. La tecnica della velatura, ispirata dalla pittura fiamminga e da Caravaggio, conferisce alle immagini un'unicità tridimensionale quasi materica.

 

Nel mondo sovraffollato del grande formato della fotografia contemporanea, Krauss difende la bellezza del "piccolo", sottolineando la concentrazione di densità che si adatta perfettamente ai soggetti ritratti e li rispetta. La sua fotografia va oltre il mero trasferimento di immagini su carta; rappresenta l'essenza stessa dell'artista di fronte all'obiettivo, un regista che guida i fiori come attori su un palco.

Come spiega il curatore, Sabino Maria Frassà, "Questa mostra coglie uno degli elementi fondamentali dell’arte di Ingar Krauss: il suo modo di guardare e condividere una visione alternativa del mondo. Siamo sicuri di star guardando un semplice fiore? Le nature morte di Krauss rappresentano, infatti, una filosofia di vita, un richiamo a riconoscere la "profondità", la magia e la “sacralità” delle piccole cose ... anche di un fiore del proprio giardino. Di fronte a queste immagini, abbandoniamo ogni tentativo di interpretazione razionale del reale e ci lasciamo trasportare in una meravigliosa fioritura di emozioni al di là del tempo e dello spazio. È la magia dell’arte più autentica, creata non per il mercato, ma per una necessità: questa nuova materia fatta di luce, natura e immagine è la voce di un artista tanto schivo e riservato quanto immenso nella capacità di portare avanti la fotografia nella contemporaneità."

 

Mistral Accorsi, brand manager di Gaggenau, sottolinea: "Siamo onorati di inaugurare il 2024 con una mostra che rappresenta il percorso che conduciamo da anni con Cramum, dedicato a un nuovo approccio alla bellezza in tutte le sue forme. Proprio come Ingar Krauss, Gaggenau ha sempre considerato la storia come un elemento fondamentale per il futuro: la tradizione secolare della lavorazione dei metalli proveniente dalla Foresta Nera si fonde oggi armoniosamente con le tecnologie più moderne. Allo stesso modo, il maestro tedesco ridà vita alla tecnica della velatura a olio, che rese celebri i maestri fiamminghi del 1600. Il risultato sono nuove immagini e nuovi elementi di design in cui la bellezza travalica il tempo per essere iconici e tangibili esempi di contemporaneità”.

 

Ingar Krauss - biografia

 

Ingar Krauss è un fotografo e artista tedesco. È nato a Berlino Est nel 1965. Vive e lavora tra Berlino e una tenuta nella campagna al confine con la Polonia. Dopo aver lavorato a lungo in un ospedale psichiatrico diventa un fotografo negli anni Novanta. Autodidatta, vince il Leica Prix nel 2004 e nel 2005 anche grazie al libro ‘Portraits’ (Hatje Cantz) raggiunge fama internazionale. Da allora ha partecipato a numerose mostre internazionali, tra cui alla Hayward Gallery di Londra, al Musée de l’Elysée di Losanna, al Palazzo Vecchio di Firenze e al MACRO di Roma, Frangit Nucem a Palazzo Isimbardi di Milano e Vitreus al Gaggenau DesignElementi Hub di Milano. 

 

Le opere di Krauss si trovano in collezioni private e pubbliche in tutto il mondo, tra cui la Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck; la Ordóñez-Falcón Photography Collection di San Sebastián; The John Kobal Foundation di Londra; le americane Bowdoin Museum of Art di Brunswick, Margulies Collection di Miami, Vince Aletti Collection di New York, USA, Sir Elton John Collection di Atlanta. la Collezione Hermès di Parigi; la Collezione Cees Dam di Amsterdam; le tedesche Collezione Michael Loulakis di Francoforte sul Meno e la Berlinische Galerie di Berlino.

 

 

Informazioni su Gaggenau

 

Gaggenau produce elettrodomestici professionali di altissima qualità ed è al contempo simbolo di innovazione tecnologica e design “Made in Germany”. L’azienda, la cui origine risale al 1683, rivoluziona l’universo degli elettrodomestici portando caratteristiche professionali nelle case di chi ricerca la differenza, anche nella cucina privata. Il successo delle sue soluzioni si fonda su una forte componente artigianale della manifattura e su un design senza tempo dalle forme pure e lineari, associati a un’elevata funzionalità e avanguardia tecnologica. Dal 1995 Gaggenau fa parte del gruppo BSH Hausgeräte GmbH, con sede centrale a Monaco, in Germania, ed è presente in più di 50 Paesi in tutto il mondo con 25 flagship showroom nelle principali città, tra cui quelle di Milano e Roma inaugurati in collaborazione con il partner DesignElementi rispettivamente nel 2018 e nel 2020. 

 

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Interview with Car Designer Mark Stehrenberger

mercoledì 6 marzo 2024

Donnie Molls: Oral Histories / CMay Gallery, Los Angeles

Espressioni urbane. Muri sconciati, writing e street art a cura di Pierpaolo Ascari e Pietro Rivasi (Mimesis)

 Cosa stiamo realmente osservando davanti a un intervento di writing o a un'opera di street art? E qual è il rapporto che questi linguaggi intrattengono con un semplice muro imbrattato? Per tentare di rispondere a queste due domande, abbiamo convocato una serie di ambiti disciplinari che spaziano dagli studi culturali alla criminologia critica e al diritto, dall'educativa di strada all'antropologia, dalla storia dell'arte all'analisi degli stili, con l'obiettivo programmatico di alzare lo sguardo rispetto ai regimi discorsivi che trattengono la rappresentazione della città nel campo delle politiche securitarie e delle strategie di estrazione del valore.




FUTURƏ: AL LICEO PALMIERI DI LECCE SI PARLA DI FEMMINISMI, STEREOTIPI E PROSPETTIVE DI GENERE

Il Liceo classico e musicale Giuseppe Palmieri di Lecce ospita un percorso di formazione, discussione, analisi e condivisione coordinato da Diffondiamo idee di valore e Conversazioni sul futuro. Mercoledì 6 marzo prenderà il via, infatti, il progetto ispirato dal libro "Tutte le ragazze avanti!" di Giusi Marchetta (Add editore). Cinque fasi per circa venti ore di attività che si concluderanno con la redazione di un manifesto frutto delle istanze collettive, maturate e condivise. L’obiettivo è quello di riflettere su patriarcato, parità, diritti e violenza di genere e di creare un’occasione di dialogo aperto.

Cosa significa essere una persona femminista oggi in Italia? Cos’è il patriarcato? Come si riconoscono e si combattono gli stereotipi e le violenze di genere? Quali sono le prospettive future su parità e diritti? Per rispondere a queste e altre domande, centrali nel dibattito pubblico, nasce “Futurə: femminismi, stereotipi e prospettive di genere”, un progetto coordinato da Ottavia Madami per l’associazione Diffondiamo idee di valore, in collaborazione con il festival Conversazioni sul futuro, che da mercoledì 6 marzo coinvolgerà un gruppo di discenti del Liceo classico e musicale “Giuseppe Palmieri” di Lecce.

   

Il percorso di formazione, discussione, analisi e condivisione - articolato in cinque fasi per circa venti ore di attività dentro e fuori la scuola - trae ispirazione da "Tutte le ragazze avanti!", un libro curato dalla scrittrice e insegnante Giusi Marchetta, pubblicato da ADD Editore. Uscito in una prima edizione nel 2018, il libro «era nato dalla generosità e dalla voce di dieci donne che, attraverso la scrittura, la ricerca, l’arte, il cinema, la musica, la danza, l’attivismo, mi hanno insegnato qualcosa sul mio essere al mondo», sottolinea la curatrice nell’introduzione. «Era un punto di arrivo. È diventato punto di partenza. Quel libro ha portato al Tavolo delle ragazze, cui sono seguiti un Manifesto e un podcast. È diventato un piccolo totem di carta, qualcosa da cui partire per raccogliere altre voci e altre storie, per farle sedere attorno a un tavolo, conoscersi, parlare. È cominciato così un altro viaggio che da quel libro porta fino a questo», prosegue Giusi Marchetta. Alle voci originali di Giulia Blasi, Lucia Brandoli, Giulia Cavaliere, Marta Corato, Marzia D’Amico, Claudia Durastanti, Giulia Gianni, Maria Marchese, Giulia Perona, Giulia Sagramola si sono infatti aggiunte quelle di Silvia Grasso, Giada Letonja, Allegra Moreschi, Elisabetta Rossi e della stessa Ottavia Madami.

 

L’obiettivo del progetto è quello di riflettere su patriarcato, parità, diritti e violenza di genere nel contesto attuale, evidenziando gli stereotipi ben radicati  nella società ma spesso impercettibili, e di creare un’occasione di dialogo aperto e paritario, incoraggiando la lotta per una società più equa e giusta. Il primo passo sarà un tavolo di discussione pensato per affrontare varie tematiche legate ai femminismi e agli stereotipi di genere all’interno di un contesto privo di gerarchie con discussioni guidate dalla condivisione di esperienze e saperi  personali. Si cercheranno di vagliare le condizioni iniziali di familiarità con i diversi argomenti per strutturare il lavoro successivo in modo inclusivo e coinvolgente per ciascun partecipante. Dopo la prima fase introduttiva, il percorso proporrà la lettura individuale e collettiva del libro "Tutte le ragazze avanti!". Poi si  esploreranno insieme i temi emersi e affrontati nel libro (corpo, lavoro, educazione, rappresentazione, ambiente). In particolare saranno approfonditi gli stereotipi legati a parità, diritti e violenza di genere per poi avviare un dibattito sui molteplici modi di essere femminista oggi e sulla necessità di un femminismo di tipo intersezionale. Lo step successivo sarà quello di dare vita a un manifesto che rifletta le istanze collettive, maturate e condivise durante il percorso. La forma di questo manifesto, che potrà essere scritto, illustrato, multimediale o digitale, sarà decisa in base alle preferenze del gruppo. Ultima tappa di questo percorso sarà la presentazione del manifesto alla scuola e alla città, in un momento di restituzione del lavoro portato avanti e in modo da promuovere la consapevolezza e la spinta all’azione collettiva per il cambiamento.

 

Info e contatti

segreteria@conversazionisulfuturo.it - 3383094960

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Christo and Jeanne-Claude: Interview with Christo

martedì 5 marzo 2024

L’Artusi parla cinese: presentato in Regione il volume “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene”

Felicori e Mammi: “Molto più di un ricettario". Il progetto di traduzione, iniziato nel 2021, realizzato dall’editore cinese Hunan Fine Arts Publishing House con Casa Artusi e il sostegno di Regione, Comune di Forlimpopoli, Ambasciata d’Italia a Pechino, Istituto Italiano di Cultura di Pechino, Aife /Filiera Italiana Foraggi

 

Dopo le diverse edizioni e riedizioni in ben dieci lingue (catalano, francese, giapponese, inglese, olandese, polacco, portoghese, russo, spagnolo, tedesco), ora, “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene”, testo più comunemente chiamato col nome del suo autore, l’Artusi, viene pubblicato in quella cinese.

 

Prima ancora che una persona, Artusi è il libro di cucina per eccellenza, quello che codifica la cucina italiana moderna e segna la storia dell’identità gastronomica nazionale. E non solo: il celebre manuale è anche un progetto linguistico e politico, dato che la condivisione degli usi gastronomici e di una lingua comune, concreta come quella che si parla in cucina, pareva a Pellegrino Artusi un tassello importante nel processo di unificazione della cultura nazionale allora in corso. Ma sicuramente l’autore de “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene”, nato a Forlimpopoli nel 1820 e morto a Firenze nel 1911, che ne curò direttamente le prime quindici edizioni, dal 1891 al 1911, non pensava che il suo libro sarebbe stato continuamente rieditato, copiato, tradotto, diventando nella contemporaneità l'ambasciatore della cucina italiana nel mondo.

 

Oggi in Regione è stato presentato il volume tradotto in cinese, nel corso di una conferenza stampa cui erano presenti gli assessori regionali alla Cultura, Mauro Felicori, e all’Agricoltura, Alessio Mammi, insieme alla presidente della Fondazione Casa Artusi, Laila Tentoni, alla sindaca di Forlimpopoli, Milena Garavini, al presidente Associazione Italiana Foraggi Essiccati Gian Luca Bagnara e a Federico Roberto Antonelli, direttore Istituto Italiano di Cultura di Pechino (in collegamento video). La traduzione è stata curata dal prof. Wen Zheng, responsabile del dipartimento di Lingua italiana presso l'Università di Lingue straniere a Pechino, oltre che accademico della Crusca che negli anni ha tradotto importanti scrittori italiani, da Boccaccio a Calvino, a Umberto Eco.

 

“L’Artusi non è solo un ricettario, è un’opera collettiva che l’autore scrisse e sperimentò con i suoi lettori di tutto il Paese. Le ricette sono accompagnate da storie, curiosità e aneddoti che lo rendono un intramontabile bestseller apprezzato in tutto il mondo- hanno detto Felicori e Mammi-. È indubbiamente il libro più famoso e letto sulla cucina italiana, fonte di ispirazione per generazioni di grandi cuochi, e non solo. È molto più di un semplice ricettario, un'opera che è parte integrante della storia e della cultura italiane, ed è per questo che continua a essere sempre più apprezzata all'estero. Del resto- aggiungono- il cibo non è solo nutrimento del corpo, ma è cultura. Attraverso il cibo si racconta l’identità dei nostri territori e delle comunità: l’alimentazione fa parte della nostra storia di esseri umani ed è un valore collettivo”.

Il progetto di traduzione, iniziato nel 2021, è stato realizzato dall’importante editore cinese Hunan Fine Arts Publishing House con Casa Artusi, grazie al sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Forlimpopoli, Ambasciata d’Italia a Pechino, Istituto Italiano di Cultura di Pechino, Aife /Filiera Italiana Foraggi.

 

“Oggi- ha sottolineato Laila Tentoni- si aggiunge una tappa fondamentale al progetto di Casa Artusi nella diffusione dell’opera del gastronomo forlimpopolese nel mondo. L’Artusi è un testo di riferimento insostituibile per chi ama la cucina italiana e la sua traduzione in cinese sostiene lo scambio tra due grandi culture. Ringrazio con piena soddisfazione tutti coloro che hanno reso possibile questo rilevante lavoro”.

“Siamo orgogliosi di aver partecipato alla sponsorizzazione di questo volume- ha aggiunto Gian Luca Bagnara-. Il nostro contributo ci offre un’ulteriore opportunità per valorizzare sui mercati internazionali la filiera produttiva agroalimentare nazionale che rende così importante nel mondo la cucina italiana, dove tradizioni, territorio, agricoltura, zootecnia e biodiversità costituiscono un unicum inimitabile e irripetibile”.




Pierluigi Pusole - Pralina N° 25. Capire l'arte contemporanea con Sergio Mandelli